Idee regalo
di Luca Castelli 26 Ottobre 2015

E se la realtà virtuale fosse solo un grande miraggio?

Tra qualche settimana si potranno acquistare i nuovi dispositivi per la realtà virtuale e capiremo se è stato solo un grande bluff

Oculus al CES2016, finalmente svelato il pezzo del VR Headset.  Oculus al CES2016 ha finalmente svelato il pezzo del suo VR Headset.

 

L’annuncio è arrivato al CES 2016 di Las Vegas: il VR Headset di Oculus, Rift ha finalmente un prezzo, 599$, e si può ordinare direttamente dal sito di Oculus. Ma quanto c’è di hype e quanto di giusto nell’entusiasmo verso la nuova realtà virtuale? Luca Castelli ne scriveva così.

Illustrazione di Martina Lorusso per Dailybest  Illustrazione di Martina Lorusso per Dailybest

 

Facebook l’ha di nuovo combinata grossa e questa volta i like non c’entrano. Con l’acquisto di Oculus VR, la start up rilevata a marzo 2014 per la bella cifra di due miliardi di dollari, ha convinto il mondo che fosse ora di tornare a parlare di realtà virtuale. E il mondo gli ha creduto. Soprattutto quello delle aziende che si muovono all’incrocio tra tecnologia, intrattenimento e videogiochi, geneticamente affamate di novità su cui investire milioni per guadagnare miliardi. Si sono tuffate tutte nella scia di Menlo Park e oggi sembra quasi che non ci sia società quotata al Nasdaq che non abbia avviato (o accelerato) un suo progetto di realtà virtuale di nuova generazione: Sony, Microsoft, Google, HTC, Samsung, Amazon. Conseguenza inevitabile: non c’è giorno che i feed di blog, siti e social network non rimbalzino storie ad alto tasso di VR, da Mark Zuckerberg che decanta la magia di una partita di ping pong virtuale a Netflix che annuncia il binge-watching virtuale ai Marriott Hotel che lanciano il Vroom Service. Dove, come avete intuito, la V non sta né per Visitors, né per Vendetta.

 

Posted by Mark Zuckerberg on Mercoledì 14 ottobre 2015

 

Un ventennio dopo le tragicomiche esperienze degli anni ’90, versioni molto più sofisticate di caschi, controller e mondi simulati tornano a incarnare il ruolo di next big thing dell’innovazione, promettendoci immersioni in reami dove non ci limiteremo a guardare i videogiochi, i film di Hollywood o il diario delle vacanze degli amici, ma inizieremo a viverli in un modo del tutto nuovo. Ma è proprio così? O stiamo ricascando in un’area al confine tra l’eccesso di aspettative e il vaporware? Sarà il ricordo della prima goffa virtual reality, sarà la perplessità di fronte a una Silicon Valley che ultimamente sembra un po’ troppo concentrata nell’inventare bisogni più che nel risolvere problemi (a cosa servono davvero Google Glass e Apple Watch?) o sarà il semplice disequilibrio tra l’aver letto un’infinità di materiale su questi meravigliosi marchingegni senza averne ancora provato alcuno, ma è impossibile trattenere un po’ di scetticismo. Soprattutto di fronte ai tanti (e realissimi) problemi che attendono al varco la realtà virtuale.

 

Com'è fatto un occhiale Oculus Rift Vanity Fair - Com’è fatto un occhiale Oculus Rift

 

Problema 1: il prezzo. Uno dei primi modelli di headset VR per il mercato di massa sarà il Gear VR di Samsung, in vendita a partire dal Black Friday (27 novembre) a un prezzo abbordabile: negli USA, 99 dollari. Compatibile con la famiglia Galaxy e supportato da Oculus, il Gear VR sarà tuttavia solo una sorta di antipasto, a potenza e funzioni ridotte. La “vera” realtà virtuale dovrebbe arrivare nella prima metà del 2016 con l’atteso debutto commerciale di Oculus Rift – il progetto con cui tutto ebbe inizio, qualche anno fa su Kickstarter – i cui prezzi saranno molto meno popolari. Qualche mese fa il CEO di Oculus Brendan Iribe ipotizzò una spesa di 1500$ per l’esperienza completa: headset più computer a supporto. Giovedì 15 ottobre il fondatore dell’azienda Palmer Luckey ha twittato la conferma: “Tutti vorranno la realtà virtuale prima di potersela permettere. All’inizio costerà cara, poi i prezzi caleranno”. E al CES2016 la conferma: Oculus Rift costerà 599$, senza computer di supporto. Discorso simile per il rivale HTC Vive, la cui prima edizione limitata dovrebbe arrivare intorno alla fine dell’anno con un target individuato nella fascia degli “high-end consumers”. Traduzione: i consumatori di fascia alta.

 

Gear VR di Samsung, in vendita dal 27 novembre Oculus Zone - Gear VR di Samsung, in vendita dal 27 novembre

 

Problema 2: il mal di testa. Di per sé, il prezzo non sarebbe nemmeno un ostacolo insormontabile: Apple ha costruito un impero sulla generosità degli high-end consumers. Nella realtà virtuale tuttavia la selezione in base alla carta di credito si intreccia con molte altre incognite. Innanzitutto, l’incertezza sull’identikit del consumatore che potrebbe essere davvero interessato alla nuova tecnologia. I principali indiziati sono gli appassionati di videogiochi, ma anche in quel settore le opinioni sono contrastanti (vedi l’emblematica divergenza di pensiero tra John Romero e John Carmack, co-creatori dello sparatutto Doom: Romero ha definito la VR una moda, Carmack è diventato CTO di Oculus). Come emerge da un recente articolo su Vanity Fair, Mark Zuckerberg guarda molto più lontano: l’intero Facebook di nuova generazione potrebbe diventare un universo virtuale in cui non vediamo più semplicemente le foto dei gattini dei nostri amici, ma possiamo anche accarezzarli. Sempre che prima ci sia passato il mal di testa. Non solo quello per i soldi spesi. Avete presente quel misto di nausea, disorientamento e pesantezza che i film in 3D suscitano in alcuni spettatori? Sembra che qualcosa del genere stia emergendo anche in ambito VR, con tanto di dettagliata descrizione su Wikipedia. Un po’ come se il nostro organismo si aggrappasse alla realtà fisica e si rifiutasse di essere trascinato in dimensioni parallele (ogni riferimento a film di fantascienza distopica è rigorosamente voluto).

 

La difficoltà di parlare del virtuale: il passo falso di Time Business Insider - La difficoltà di parlare del virtuale: il passo falso di Time

 

Problema 3: l’incompatibilità social. Soldi e nausea non sono però niente al confronto di quello che si profila come il super-nemico della realtà virtuale: la difficoltà nel far partire un passaparola come il web comanda. Se ci pensate, è lo stesso problema che hanno incontrato i Google Glass. Ci è stato giurato che offrivano l’esperienza più incredibile dell’universo, magari era anche vero, ma nessuno ha saputo e/o potuto mostrarcelo. Al punto che ancora oggi l’immagine più famosa che li riguarda è quella di un giornalista che li indossa sotto la doccia. Non proprio il massimo. Con la realtà virtuale, diciotto mesi dopo l’acquisto di Oculus da parte di Facebook, siamo più o meno allo stesso punto. Non solo l’hanno provata in pochi, ma anche chi è rimasto entusiasta e sta cercando di condividerne le virtù non ha gli strumenti per farlo sui canali principali – e necessari – per far partire ogni cascata social che si rispetti: YouTube e Facebook. La realtà virtuale puoi provarla, puoi raccontarla, puoi anche descriverla, ma come fai a mostrarla? Quando cerchi di usare immagini “esterne”, poi, gli effetti sono involontariamente comici: vedi la copertina del settimanale Time che lo scorso agosto ritraeva Palmer Luckey con un prototipo Oculus. Più che un tam tam virtuoso ha fatto partire l’ennesimo meme a base di photoshop. Anche l’immagine di una proposta di fidanzamento in VR sarà molto simpatica, ma non è che ci faccia correre tutti a prenotare un HTC Vive. La morale della favola è decisamente al passo con i tempi: tu puoi anche essere la più grande innovazione tecnologica del secolo, ma se non trovi un modo efficace di promuoverti sui social media rischi di restare davvero una realtà virtuale.

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