Mi sono svegliato un po’ prima e come al solito sono andato al cesso. Non una gran notizia ma ho aperto Facebook e boom, mi sono beccato il trailer di Trainspotting 2 di Danny Boyle (in uscita il 27 gennaio), con tutti gli attori del primo diventati grandi. Non so se sarà bello o meno, magari tutte le scene fighe sono state montate nel trailer ma la questione è un’altra: ho visto me stesso e vi posso giurare che è stata una mezza epifania, ma anche una botta enorme.
Le note di synth col delay di Born Slippy degli Underworld, la voce fuori campo dal marcato accento inglese, le facce di Renton, Sick Boy, Spud e Begbie, hanno aperto uno stargate che dal cesso mi ha risucchiato portandomi direttamente nel 1996, anno in cui anche Manuel Agnelli bestemmiava nelle canzoni e al cinema c’era la fila per vedere questa storia di tossici inglesi di eroina.
Non che abbia mai avuto il piacere di bucarmi a vent’anni, ma diversi miei amici frequentavano quel club ed era piuttosto accogliente ai tempi. Tra l’altro le news riportano che dopo gli anni della cocaina, l’eroina stia tornando in auge, ma chissà che non sia una campagna di viral marketing per il film.
1996 dicevo, io avevo 21 anni. Come tutti mi stavo avvicinando all’Inghilterra, terra di musica bella, di festival belli e soprattutto abbordabile anche per i poveracci. Ne hanno visti talmente tanti da quelle parti che poi son diventati reazionari e hanno deciso di togliersi dalle palle anche l’Europa. Non sono mai stato un tossico nel senso stretto ma Trainspotting mi gasava tantissimo. Non serve essere assassini per eccitarsi su Pulp Fiction, no? La batteria di Lust for Life di Iggy Pop, che regola la corsa di Mark Renton, un giovane Ewan McGregor fatto come una pera cotta, poi uscivi dal cinema e non c’era un cazzo da fare. Quanti tossici ha creato Trainspotting in provincia, quanto vandalismo, quanta vita marcia.
Gli stessi tossici che oggi hanno le pance grosse da rehab di bamba e i gomiti con la psoriasi, i denti che sembrano tasti di un pianoforte vecchio oppure che dal bere e dal fumare le loro facce sono diventate mappe di capillari rotti. I redenti, quelli che quasi ti cacano il cazzo perché tu non sembri invecchiato mentre loro hanno messo su famiglia e gli leggi negli occhi che è stata solo un’altra dipendenza.
Questo sembra essere il tema del nuovo Trainspotting: i ragazzi hanno la mia età e c’è chi ha continuato a fare le stesse identiche cose che faceva vent’anni prima, chi semplicemente ha sostituito una dipendenza con un’altra: il sesso, i soldi, il porno, i social. Ricordate cosa diceva la voce fuori campo di Renton al pubblico nel 1996? Di scegliere un lavoro, una carriera, la famiglia, il maxitelevisore del cazzo, e via dicendo fino a marcire in un ospizio. Questo era il risultato per aver scelto il futuro e la vita.
Oggi la stessa voce dice di scegliere Facebook, Twitter o Instagram e sperare che a qualcuno, da qualche parte gliene freghi davvero di noi. Di scegliere un lavoro sì, ma con un contratto di merda, oppure di incontrare di nuovo una vecchia fiamma e di guardare la storia che ripete se stessa. Scegli lo stesso per i tuoi figli, ma peggio e poi fai un respirone.
Questo è avere 40 anni e avete presente quando in Lost in Translation Charlotte chiede a Bob se quell’ovosodo che non va né in su né in giù svanirà col tempo e lui le dice di no? Ecco cosa si prova ad essere svegli da qualche ora e ad aver visto il trailer di Trainspotting 2 sul cesso di casa propria. Mi è presa una paura e insieme una commozione che non so nemmeno come spiegare, una specie di gratitudine per essere ancora qui a parlarne.
Il trailer è una bomba, il film chissà, ma il punto è un altro: anche se ho scelto la vita, non ho paura di ubriacarmi nel weekend e di sentire risuonare Lust for Life in testa da 20 anni, né quel maledetto synth degli Underworld che mette tre accordi in fila e che mi fa piangere più di Chopin. Quando entra la cassa poi inizio a ballare e a queste cose finalmente non ci penso più.