Ritorna la nostra nuova rubrica dedicata ai film che fanno ridere, in cui chiediamo ad un comico quali sono stati i titoli che più l’hanno divertito. Non parliamo, però, dei grandi classici di Woody Allen o di Gene Wilder ma di pellicole decisamente meno autorevoli – a cavallo tra il thrash e la più completa assurdità – considerati ugualmente dei piccoli capolavori.
Dopo la cinquina scelta da Saverio Raimondo, ecco la selezione di Luca Ravenna. Classe 1987, di Milano ma trasferitosi da tempo a Roma, se non lo conoscete di nome molto probabilmente l’avrete visto in tv nella sua stupenda imitazione di Marzullo a Quelli che il calcio….
Luca Ravenna si posiziona di diritto tra gli stand up comedian più interessanti del momento: attualmente è uno dei nomi di riferimento di Natural Born Comedians su Comedy Central ed ha collaborato con i The Pills al film Sempre meglio che lavorare. L’anno scorso ha realizzato per Repubblica.it la web-serie Non c’è problema, un piccolo gioiellino di comicità dove analizza le sue paure più grandi e le sue ansie.
Ha uno stile unico e surreale. Ha idee assolutamente semplici ma geniali, riesce a prendere i lati più intimi e trasformarli in gag divertenti senza, per forza, ricorrere all’uso di caricature o di esagerazioni volgari. La sua idea di comicità è sicuramente tra le più originali tra le proposte italiane, e la scelta dei suoi cinque film stupidi preferiti non poteva essere da meno.
Yuppies – I giovani di successo (1986)
Si dice che La Terrazza di Scola rappresenti l’epilogo della più florida stagione cinematografica del Belpaese, quella delle Commedia all’italiana. Non penso di essere originale nel dire che le ultime gocce di quel fiume in piena siano rappresentate dai primi film dei fratelli Vanzina. Sapore di Mare, Vacanze di Natale e Yuppies. Con questa pellicola dell’86 si aprono le porte ad un’epoca,da cui non si tornerà più indietro, nel bene e nel male. Si accetta la deficienza come concetto alto e apprezzabile. È un film che segna un passaggio temporale fondamentale nella storia del nostro Paese.
E poi i fab4 della comicità anni 80 qui suonano insieme in maniera perfetta, indimenticabile.
Ezio Greggio: Come ti chiami scusa?
Corinne Clery: Françoise
Ezio Greggio: Ah, Françoise… Come mia sorella Carla
Rido mentre la riscrivo e penso che come scambio sarebbe stata bene in bocca anche a Vittorio Gasmann e Sofia Loren.
Bellissimo.
Dreamland – La terra dei sogni (2010)
1739 euro d’incasso in tutt’Italia. Penso di essere uno dei pochissimi ad averlo visto, in assoluto. Mi ero preso la briga di andare all’anteprima mondiale (sic) all’Isola del Cinema a Roma. A fine proiezione mi ricordo che il regista invitò il prete di non so quale paesino pugliese (il film è ambientato fra Stati Uniti e Puglia), per fare un commento. E il prete disse: ” eh… eh… eh… Il Vaticano non lo voleva far vedere e… Non so perché… No ma veramente, non sto scherzando…”. Ho riso fino a farmi zittire da una fila di spettatori che si stava innervosendo con me e i miei due amici. Dal trailer non si comprende come sia stato possibile realizzare un kolossal del genere. Fra tutte le scene ricordo questa: bar, notte, il protagonista svita il tappo di una bottiglia di “alcolico xxx” e viene aggiunto il suono di uno stappo, tipo quello della pubblicità del vino Ronco. Il film è tutto così: una somma di momenti, suoni, idee, amori, completamente scollegati fra loro. L’attrice protagonista ha querelato il regista perché non l’ha pagata o per averla fatta partecipare. Non ricordo, ma fa poca differenza. Io l’ho visto e lo ricordo felicemente.
Amore 14 (il film che mi ha fatto più ridere nella mia vita, 2009)
Se Tre uomini e una gamba è il film che ha cambiato la mia vita e la percezione di cosa significhi “far ridere al cinema”, ma non solo al cinema, Amore 14 è il film che mi ha fatto stare peggio. Fisicamente. Ricordo di averlo visto in sala con mio fratello. Il racconto scriteriato della gioventù, del sesso, della vita, della società, di Roma, unito alla coscienza quasi clinica di come “non sapere utilizzare” il mezzo cinematografico è stata un’esperienza mistica. Passaggi di luce, invenzioni di sceneggiatura ai limiti dell’iperrealismo, transizione narrative da video della comunione in Bulgaria (con tutto il rispetto, eh), la colonna sonora, i dialoghi, il product placement, tutto. Non c’è un solo fotogramma che non faccia ridere. Sulla scena dell’incontro fra i due protagonisti nella libreria di Prati , con Beautiful di James Blunt, sono praticamente decollato nella troposfera. Ho riso fino ad aver pensato di perdere sangue dal naso.
Parlami d’amore (2008)
“Io non faccio il parquettista, io faccio rivivere il legno”.
Sasha (Silvio Muccino), si presenta così alla donna che ha conosciuto la sera precedente dopo un incidente. Lui è figlio di tossici, è nato in comunità, è povero, è colpevole di un passato che non gli appartiene, è un sognatore e parla come una ragazzina di 12 anni. Lei è una donna depressa, sola, ricca che odia il marito. Nella Roma del 2008 decidono che lei gli spiegherà cos’è l’amore. Riassunto così, potrebbe sembrare un film orribile. Ma attenzione: Parlami d’Amore costituisce una delle pietre miliari nella storia dei film comici della cinematografia contemporanea. Forse per renderlo tale ci sarebbe stato il bisogno di un personaggio che ogni tanto avesse detto, per esempio: ” ma in che senso fai rivivere il legno?”.
Non saprei dire. Non giudico. So che lo sforzo di rappresentazione che hanno fatto gli autori è stato straordinario e che se ci fosse stata una punta di autoironia in più da parte loro, avrebbero fatto uno dei più grandi capolavori del cinema contemporaneo. Sarebbe stato un film bruttissimo e comico in modo involontario, ma l’avrebbero fatto apposta. Un’opera d’arte, come si suol dire. Ma l’arte, anche quando non è esibita in un museo, bisogna saperla cogliere. E mi permetto, con grande immodestia, di averlo fatto io, che l’ironia ce l’ho sempre messa da solo e l’avrò visto almeno 20 volte.
Bianco e Nero (2008)
Se vogliamo è anche un film comico. Nel senso che è così brutto e distante dalla realtà che si può anche ridere. Però devo ammettere che è il film che mi ha fatto più innervosire nella mia vita. Al confronto, Nascita di una nazione di Griffith è una delicata allegoria della questione razziale nell’America ai primi del 900.
Mi prudono le mani a scriverne. Basta vedere il trailer per capire di cosa stia parlando. Bianchi e Neri che non si capiscono, creano casini. Neri che sono “anche simpatici”, bianchi un po’ razzisti, che sono anche “aperti”. Tutto questo ambientato sull’Aventino romano. È un film sul rapporto bianchi, neri, superficiale, a volte comico, e allora è normale che la canzone che accompagna il trailer non possa che essere: Pata Pata di Miriam Makeba.
Serve altro?