Jacopo Starace è un illustratore e fumettista di Milano, classe 1989. Ha pubblicato con riviste del settore, disegna fumetti sul web (Amok e Capgras), ha lavorato per alcune case editrici come Bonelli (Orfani), autoproduzioni italiane (Passenger Press) e società di preservativi che credono in lui (Control Italia).
Il suo stile è visionario e immaginifico, in bilico tra ricordi di un’infanzia alternativa a quella reale, un futuro distopico e tutto quello che sta in mezzo. Lo vedremo come live painter al MI AMI Festival 2018.
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Partiamo da una breve presentazione: chi sei, quanti anni hai, da dove vieni?
Sono Jacopo, ho 29 anni ormai da un pezzo e sono di Milano, anche se il mio cuore è per metà romagnolo (grazie nonna).
Dove sei adesso?
Abito a Milano. Da adolescente la odiavo, la sentivo come una seconda pelle grigiastra ma ora ci sguazzo bene bene e mi piace proprio.
La prima cosa che hai disegnato e l’ultima?
La prima cosa che ho disegnato non me la ricordo. L’aneddoto che mia madre racconta alle cene coi parenti è quello di Andrea, che all’asilo mi rubava i disegni e li faceva vedere alla maestra spacciandoli per suoi. L’ultima cosa che ho disegnato è una tavola di INN, un fumetto che vedrà la luce nel prossimo anno per Progetto Stigma.
Hai dei rituali prima di metterti al lavoro e dopo aver finito?
Io ci ho provato in mille modi ma se non bevo il caffè prima di lavorare non riesco a concentrarmi. Penso che c’entri la ritualità del gesto e non la caffeina. Dopo aver finito invece di solito vado ad arrampicare o a correre perché dopo ore seduto davanti ad un computer ho bisogno di fare attività fisica.
Qual è la tua tecnica preferita e perché?
Ho iniziato con gli acquerelli. Da lì ho sperimentato un sacco con matite, gessetti, penne bic e immagini da riviste, finendo con i santi collage che assemblavo, ricalcavo e modificavo. Piano piano ho fatto mia questa “tecnica” e adesso mi muovo con il digitale per questioni di tempo e di resa.
Qual è l’errore che un artista non dovrebbe mai commettere?
Fermarsi. Un blocco della passione porta quasi sempre a ristagnare, secondo me. Va bene fare una pausa, godersi quello che si è appreso ma poi è necessario continuare a sperimentare. Il miglioramento si ottiene con la pratica e l’esperienza.
Che rapporto hai con le tue opere? Le vendi senza problemi o fai fatica a staccarti?
Non ho difficoltà a venderle, anzi, le più significative le ho quasi sempre regalate. Per quelle in digitale mi sento sempre molto tranquillo in quanto, a parte rari casi, è come se rimanessero sempre vicine a me, dentro una cartellina, nel cuore del mio computer e degli Hard Disk.
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