Tre dei più interessanti street artist italiani hanno deciso di mettersi insieme in un progetto che li ha tenuti impegnati per più di un mese in Sicilia. È Triscele, un lavoro ambizioso realizzato dalla bolognese Martina Merlini, i romani Sten Lex e il lucchese Moneyless. Nonostante la media d’età non superi i trent’anni, i tre hanno alle spalle collaborazioni con i magazine d’arte più autorevoli e le più prestigiose gallerie di tutto il mondo.
Abbiamo intervistato Martina per farci raccontare meglio cosa significa prendere tre stili così diversi e farli dialogare tra loro inserendoli in ambienti suggestivi come i paesaggi siciliani.
Guarda la gallery STEN LEX, PESAGGIO, CATANIA, MARTINA MERLINI, UNTITLED, CATANIA MONEYLESS, UNTITLED, CATANIA STEN LEX, ECLISSI, CATANIA+22
Come è nata l’idea di questo progetto e come si è strutturato?
L’idea di Triscele e nata a Roma durante una cena, si parlava di come e quanto le dinamiche dettate da gallerie e festival influiscano sul risultato artistico di ognuno di noi e del fatto che sarebbe stato interessante poter curare un progetto totalmente autogestito, a partire dal concept, passando per l’organizzazione e arrivando alla realizzazione dei pezzi stessi, senza limiti di tempo, né di luogo.
Ci raccontate come si è svolta la campagna crowdfunding?
Il nostro è stato un crowdfunding un po’ inusuale, invece di appoggiarci a una piattaforma come Kickstarter o Produzioni dal basso abbiamo optato per un auto-finanziamento attraverso la vendita di diverse edizioni limitate e di opere uniche realizzate a quattro/sei mani.
Quanto è stato progettato e quanto invece è stato lasciato all’improvvisazione?
Per quanto riguarda la realizzazione delle opere, sia murali che in studio, sia io che Sten Lex utilizziamo processi che lasciano poco all’improvvisazione, abbiamo bisogno di preparare bozzetti e mini render per capire come valorizzare la superficie. Moneyless invece lavora molto di più sulla spontaneità dei suoi interventi, decidendo prima solamente la palette di colori con cui andrà a lavorare.
Come avete scelto le varie location per le vostre opere?
Per la scelta dei luoghi ci siamo affidati a realtà locali, come la galleria Ritmo a Catania o la manifestazione FestiWall a Ragusa. Sono loro che ci hanno indicato le location più suggestive dove intervenire e sempre loro ci hanno fornito il supporto logistico per la realizzazione dei lavori. L’idea alla base di Triscele era proprio ricercare il supporto da parte di realtà indipendenti, che potessero farci da ciceroni facendoci scoprire i lati nascosti di un territorio a noi sconosciuto.
È impegnativo far convivere tre stili così personali e diversi nella stessa opera?
Certo, ma è anche l’aspetto più coinvolgente di tutto il progetto. Ovviamente ognuno deve misurare la portata del suo intervento, cercando di alleggerire la propria presenza per permettere al lavoro altrui di poter essere presente in egual misura, ma trovo che sia un esercizio di equilibrio molto utile per il lavoro di tutti noi, abituati come siamo a lavorare quasi sempre da soli.
Qual’è stata la cosa più difficile gestire di questo progetto?
Triscele non è ancora terminato, la nostra idea è di lasciare aperto il progetto ad altri interventi e farne un libro che raccolga l’intera esperienza e una mostra. Detto ciò, ad oggi la parte più impegnativa è stata sicuramente riuscire a gestire l’organizzazione stessa del progetto: in quanto creativi ogni tanto ci sfugge di mano l’aspetto pratico delle cose, ma ci stiamo lavorando.
E quella di cui siete più orgogliosi? Direi di tutti i pezzi in collaborazione, dai quadri di grande formato all ultimo pezzo realizzato a Ragusa che è un muro composto da tre livelli che si uniscono in un unico risultato, che è poi la fusione di tutti noi.