La nuova grafica della Premier League ci spiega perché il campionato inglese è avanti anni luce

Il rebranding della massima divisione inglese ovvero più televisione e meno federazione

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Bye bye a quell’estetica che fa tanto This is England a metà tra orgoglio nazionale e rissa al pub: con questa operazione si completa il cambiamento iniziato dalla federazione inglese con la rivoluzione degli stadi trasformati in luoghi di intrattenimento per famiglie. La Premier League cambia immagine pensionando il vecchio leone del suo logo in un avvicendamento di felini che ricorda tanto il remake di un classico Disney.

Il tema è di quelli complicati: spazzare via un pilastro della cultura popolare britannica, fino ad oggi rappresentato con un logo vagamente araldico, in cui un leone blu artiglia con fierezza un pallone rosso sotto la sua zampa, il tutto accostato a un lettering appuntito e spigoloso.

PremierLeague-683x1024  Il vecchio leone simbolo della Premier League (fino a oggi)

 

Il rebranding della massima divisione inglese, che poi è pure il campionato di calcio più seguito al mondo, è davvero un’operazione clamorosa, che segna la profonda differenza culturale tra i paesi anglosassoni e il resto del mondo nell’utilizzo del design come strumento di business.

Il nuovo logo della Premiere League, e tutto il sistema di identità coordinata, disegnato da DesignStudio in collaborazione con Robin Brand Consultants e recensito ieri in un bell’articolo su Creative Review ci dice fondamentalmente tre cose: il calcio inglese è un gioco, il calcio inglese è un gioco divertente, il calcio inglese è un gioco divertente che va in tv (e non solo).

Uno a zero (anzi, molti zeri), e palla al centro. Ma andiamo con ordine.

1. Il calcio è un gioco

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È questo il primo passaggio culturale fondamentale. Il gioco unisce, è inclusivo e trasversale. Il gioco è universale. Umano e facile. La complessità del vecchio logo cede il passo alla sintesi, il peso dell’istituzione viene spazzato via dalla leggerezza. Il carattere tipografico, disegnato appositamente per il progetto con una particolare attenzione all’eliminazione degli spigoli, riesce ad essere amichevole e contemporaneo. Che ci volete fare, il calcio di oggi si vuole raccontare come un gioco da (bravi) ragazzi: più Messi e meno George Best.

 

2. Il calcio inglese è un gioco divertente

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Se questo sport smette di essere semplicemente una fede per diventare spettacolo su scala globale, è chiaro che ci si voglia divertire a guardare le partite. Finiti i tempi di catenaccio e contropiede, oggi va di moda il circo. Con le luci, i fuochi artificiali e tutto il resto. E avanti allora con i colori: una palette diversa ogni tre anni e poi si cambia, con una regola: mai usare le cromie delle squadre che giocano nel campionato (sono tempi politically correct, i nostri). Così anche le cromie abbandonano quelle della tradizione sportiva per accodarsi ai dictat dei grandi brand e delle loro scarpe, che da tempo hanno sdoganato nel mondo del pallone tinte vibranti, inattese, improbabili. Più Nike e meno Umbro.

 

3. Il calcio inglese è un gioco divertente che va in tv

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E su internet. E sui social. E in un sacco di altri posti. E questa identità visiva, di fatto, non è atro che quella di un canale tematico multipiattaforma. Osservando l’intero progetto da questa prospettiva, molti aspetti tecnici legati al design del logo e agli sviluppi del sistema sono presto spiegati oltre che fortemente motivati: dalla necessità di far funzionare il logo solo “in forma”, senza i colori bandiera, anche in piccole dimensioni (proprio come funziona il logo di un’emittente tv), ai pattern optical perfetti per applicazioni video. E allora è chiaro che Premier League non è solo il contenitore del campionato inglese, ma un vero e proprio broadcast. Ta- tan! Questa è la rivoluzione: più televisione e meno federazione.

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