Antonio Maria Fantetti è un fotografo di Bari. I suoi scatti hanno due tratti distintivi: l’attenzione verso il territorio e un certa affezione per gli ambienti desolati e alienanti. Uno dei progetti che mette meglio insieme questi due aspetti è Pane e Merda: sembra una provocazione ma, in realtà, è semplicemente il nome che i baresi danno ai venditori di panini che, di notte, si parcheggiano in riva al mare. Ci ha raccontato la loro storia.
Come nasce il progetto?
Tutti i paninari sono stati ritratti in varie zone del territorio di Bari. Come tutti i mie progetti, sono affascinato dal paesaggio che mi circonda: abito vicino al mare (zona Fiera del Levante) e, quando arriva l’estate, tutta la città si riversa in questa fascia di lungomare perché c’è quella brezza marina che fa respirare. I paninari diventano il fulcro attorno al quale si svolgono le serate di vere e proprie comitive di famiglie e non solo. Quando noi baresi pensiamo ai paninari, quindi, è inevitabile associarli ad un clima simile. Io, al contrario, ho voluto concentrarmi su un periodo più freddo, di bassa stagione, quando i paninari diventano delle figure desolate, alienanti, sole nella notte. È proprio questo che mi affascina: è come fotografare il mare d’inverno.
E perché proprio loro?
Quella del paninaro è una figura ben radicata nella mia adolescenza. Ho vissuto fino a diciotto anni a Manfredonia e quando arrivava l’estate non vedevo l’ora di andare da Nunzio, l’ambulante storico del paese. Mi piaceva osservare la sua clientela: il padre che portava tutta la famiglia a “mangiare fuori”, il fidanzato che comprava il panino farcitone per la fidanzata, i lavoratori notturni che facevano pausa con una doppia porzione di sgagliozze, ovvero la polenta fritta. È il tipico esempio di come il paesaggio possa influenzare l’uomo e il suo modo di vivere.
Le foto sono solo otto, come sei arrivato a questa selezione?
A dire il vero il progetto non è ancora chiuso. Mi piace guardare questo tipo di vita notturna e quando posso continuo a fotografarli. La selezione non è il frutto di una scelta, ma principalmente la conseguenza di un problema: la maggior parte di queste realtà non sono in regola e quando vedono una macchina fotografica non sono propriamente ben predisposte. Quindi prima di uno scatto ci sono molti panini, molte storie e, alla fine, dopo aver spiegato il mio progetto, solo alcuni accettano di farsi fotografare.
Il titolo è pura provocazione o sei davvero un difensore della cucina più raffinata?
È che, a Bari, i paninari vengono chiamati Pane e Merda proprio perché non si conosce la provenienza di quello che si mangia. In realtà, la maggior parte di loro sono molto attenti a quello che cucinano, perché spesso vengono sottoposti ai controlli ordinari di qualche pattuglia notturna.
Perché ritrarli vuoti o con pochissimi clienti?
Come ti ho già detto, mi attrae questo senso alienante che caratterizza immagini simili. Tra la sera e la notte inoltrata, i pane e merda rappresentano quasi delle piccole oasi. Si parcheggiano vicino strade o zone dove non ci sono locali. È interessante vedere come le persone possano sedersi e decidere di passare del tempo in un contesto urbano o periurbano esteticamente non ideale.
Vuoi dirci una tua personale top 3 dei pane e merda baresi?
Non esiste una vera e propria top 3 dei paninari baresi. Ognuno ha qualcosa di speciale. I Rossi in piazza hanno le migliori braciole che abbia mai assaggiato, quello del tribunale invece ha le patate fresche fritte, tagliate a mano e, vi assicuro, sono una vera e delizia. Da quando ho iniziato questo progetto ho messo in conto che avrei preso parecchi chili.