Enrico Pantani abita in un paese della Toscana, per la precisione a Pomarance in provincia di Pisa ed è una bestia strana, come si dice dalle sue parti. I suoi disegni i sui pacchetti di Camel Blu sono l’emblema del suo lavoro, semplice eppure potente e molto familiare, perché ogni fumatore almeno una volta nella vita ha usato il pacchetto in modo creativo. A condire l’operazione, o forse a fare a fare da scintilla, la frase che ricava dalle avvertenze ai fumatori stampate sul pacchetto.
La bellezza nei suoi lavori arriva quando non te l’aspetti e quindi fa più rumore. Il suo tratto è infantile e volutamente brutto, sintetico e sgraziato, una sorta di letame da cui nascono i fiori declinato all’illustrazione.
Il resto della sua produzione non è facilmente inquadrabile perché crea arte in modo anarchico ed elementare, coi suoi disegnetti fatti sui bloc notes e poi postati sui social, le sue vignette di poche parole, triviali, essenziali e surreali, a metà tra la satira colta e la battuta al bar del paese. Un Bukowski del pennarello. Trovate tutto sul suo profilo Facebook.
Gli abbiamo fatto qualche domanda per saperne di più e le sue risposte sono come lui, mai scontate.
Tu in realtà non sei un disegnatore, no?
Non sono un illustratore, non so nemmeno io cosa sono. A 15 anni ho iniziato a suonare la batteria, poi la chitarra, mi sono trasferito a Firenze dove mi sono laureato in Lettere e Filosofia. Nel frattempo ho iniziato a disegnare, per circa 10 anni ho appuntato storielle su taccuini 9×14 cm corredate di disegnetti a cazzo. Dal 2006 ho provato a trasferire tutto in grandi formati, ho iniziato a fare le prime mostre, alla fine mi sono creato un mondo parallelo. Oggi mi sento libero di fare quel che voglio, non ho contratti con nessuno, se mi va posso disegnare anche cazzetti per tre settimane di fila e volendo postarli sui social a manetta. Insomma, lavoro, tanto e senza nessuno alle costole che mi dice cosa fare.
Perché ti sei messo a disegnare i pacchetti di Camel Blu?
I pacchetti sono nati perché un giorno mi sono ritrovato in giro senza taccuino, non sapevo dove disegnare, così ho preso l’Uniposca e ho cominciato a imbrattare l’unico supporto a disposizione: il mio pacchetto di Camel blu, fumo solo quelle. Avevo solo un’alternativa, cioè la macchina. Ma su quella non potevo disegnare, così…
Nasce prima il messaggio ricavato dalle avvertenze o il disegnetto?
Sono anni che gioco con le parole, mi piace scombinare i discorsi e creare doppi sensi; visto che le scritte delle avvertenze sono quasi sempre le stesse è difficile trovare ogni volta un compromesso col disegno, ma qui nasce la sfida. Generalmente prima studio cosa posso dire con quelle lettere, poi cancello, poi disegno.
E il fine ultimo del tuo lavoro anarchico, caustico ed estremo, qual è?
Non credo che ci sia un fine ultimo, anzi spesso non c’è neanche un senso. Le vignette che pubblico nascono dopo giornate di osservazione sociale. Il metodo (perché comunque ho un mio metodo) è osservare fino a scoppiare, osservare sia la gente sia il web, poi alla fine prendo il pennarello e scaravento sul foglio una sintesi. Esiste una raccolta di alcune vignette, per chi la volesse basta ordinarla da Bel Ami edizioni cercando il mio nome.