giorgio bartocci street artist intervista
Art
di Stefano Disastro 17 Novembre 2016

Giorgio Bartocci: la street art tra istinto e anomalia

Sette domande all’artista che vive “immerso in una sorta di tensione creativa che è l’ansia e il ritmo della vita quotidiana”

giorgio bartocci street artist intervista  Organic Space, Artefiera Bologna 2016, foto di Paolo Mottadelli – Courtesy Traffic Gallery

 

Sul suo Tumblr, lo street artist Giorgio Bartocci scrive direttamente nella testata che “vive immerso in una sorta di tensione creativa che è l’ansia e il ritmo della vita quotidiana. Ama interagire graficamente nella complessità delle strutture urbane“. Anomalo e istintivo, è una delle figure più interessanti emerse del panorama italiano negli ultimi anni.

Ciao Giorgio, partiamo con una breve presentazione: chi sei, quanti anni hai, e da dove vieni?
Sono Giorgio Bartocci, ho 32 anni e sono nato nel 1984 a Jesi, nelle Marche. Jesi è conosciuta principalmente per il vino Verdicchio e per la nascita di Federico II di Svevia detto stupor mundi, del compositore barocco Giovanni Battista Pergolesi e più recenti, i numerosi campioni olimpionici della scherma, il motociclista Falappa, il calciatore Roberto Mancini, le attrici Valeria Moriconi e Virna Lisi.

 

 

Dove sei adesso? Descrivi la stanza in cui ti trovi
Dopo essere stato a Urbino per quattro anni, poi a Rimini e Perugia per uno, ho deciso di trasferirmi a Milano, una città che amo tanto. Attualmente sono nel mio laboratorio, un locale sotterraneo sul Naviglio Pavese dove ci sono ritagli e pezzetti di carta sparsi un po’ dappertutto. Strumenti da lavoro, banconi pieni di riviste, fanze, tessuti e posaceneri. In un contorno di tubature industriali verniciate di bianco e una finestra che mostra un muretto dall’intonaco tutto screpolato lavorato dal tempo in maniera sublime.

 

giorgio bartocci street artist intervista  Giorgio Bartocci nel suo studio milanese

 

La prima cosa che hai disegnato e l’ultima
Ho realizzato un astratto potentissimo gestuale come il 100% dei bambini! L’ultimo disegno questa mattina a colazione, uno studio per parete a matita grassa sopra uno strano libretto che mi han regalato, composto da numerose carte differenti, spesso recuperate presso vecchie tipografie dismesse di tutt’Europa e rilegate su supporti unici da Libri Finti Clandestini.

Hai dei rituali prima di metterti al lavoro e dopo aver finito?
Non sono molto metodico e sono costretto a descrivere in maniera diversa il lavoro su parete con quello della pittura e dei collage su tela. Sto provando a rendere le due cose più organiche, ma sono ancora molto indietro. Sul muro amo caricarmi prima di una sorta di adrenalina o non saprei come definire lo stato fisico-mentale che si genera dentro di me, la fase iniziale spesso è aggressiva, nervosa e veloce, trovo l’armonia solo negli ultimi istanti, quando capisco che sono arrivato in fondo, trattengo tanta tensione fino alla fine. Poi arriva il piacere e la totale distensione, un po’ per la stanchezza ma anche per la felicità di aver chiuso tutto come immaginavo. A me piace così.
Poi sto usando per la prima volta il corpo, negli ultimi due anni ho tentato di portare il mio lavoro quasi alla totale astrazione delle figure, componendo spesso dei concetti visivi molto dilatati, fluidi formi; mi ispiro alla modernità liquida come concetto di contemporaneità e come ti dicevo, sto usando il gesto attraverso quello che mi permette il mio corpo di sfruttare, per esprimermi al massimo devo andare veloce e staccare il meno possibile, una sorta di agitazione composta dall’inizio alla fine del progetto.

 

giorgio bartocci street artist intervista  Tropical Sinapsi, di Giorgio Bartocci, realizzato al Visione Periferica Festival del 2016 a Giulianova

 

Usando l’asta, la prolunga, raggiungo maggiormente l’obbiettivo di mostrare al pubblico l’immediatezza ed il caso. Allo stesso modo ho piacere di rendere più vicine le due discipline artistiche che caratterizzano il mio percorso, l’uso della carta, su tela o altri supporti come il legno, elevare lo strappo della carta offrendo la stessa gestualità che sviluppo con le rullate velocissime ed una serie di movimenti che si trasformano in segni e forme su parete.
Mi piace stimolare il nervo ottico degli osservatori con la vibrazione degli strappi irregolari e la sovrapposizione delle forme, lasciando spesso delle trasparenze per mostrare i multi strati ed i livelli “nascosti”, sto utilizzando delle combinazioni dei cromatismi che generano delle reazioni emotive, spesso sgradevoli alla vista, in un primo momento. Molto ricorrenti sono i campionamenti cromatici dalla natura e dagli animali.
Sono alla ricerca di novità cromatiche, attualmente amo mettere a contrasto dei colori metallizzati che rifrangono durante l’arco delle 24 ore la luce in continua mutazione, questa cosa mi ha permesso di dare una vita diversa alle pareti, ad esempio sono entusiasta quando vedo che un murale ha il suo fascino anche di notte, negli orari che generalmente vengono esclusi dalle documentazioni fotografiche ufficiali.

 

giorgio bartocci street artist intervista  Madre Nostra, 2015, realizzato durante il festival Altrove a Catanzaro

 

Ho capito che la sperimentazione con i colori metallici abbinati poteva avere un potenziale notevole, osservando organismi acquatici in controluce come al sole o in ombra il colore delle scaglie, della pelle cambia di continuo grazie alla luce. Ora vorrei sperimentare ancora un po verso questa direzione.Credo che i rituali sono ormai un tutt’uno con la mia dimensione, ho felicemente capito di non staccare mai mentalmente, sono sempre dentro questo ritmico rito del Graffito, dell’Arte, in un loop infinito di sensazioni, di ricordi, domande e magie che completano il lavoro di tutti e cinque i sensi creandone uno nuovo, un senso virtuale che raggruppa le sensazioni snaturandole della banale razionalità che ci distrugge dentro.

Qual è la tua tecnica preferita e perché?
Mi piace dipingere con pitture al quarzo o tempere super lavabili per esterni. La preferita credo sia questa tecnica mista basata principalmente sul collage, una dimensione molto intima e in evoluzione continua che ho iniziato a sperimentare dal 2003, mentre dal ’97 mi sono sempre divertito con le bombolette spray per la loro versatilità e velocità e per la scena che c’è dietro questo fantastico prodotto tanto contestato nella sua storia. Sarei troppo entusiasta di poter realizzare i miei manufatti artistici con qualsiasi strumento, trovare una nuova dimensione dove puoi esprimerti con qualsiasi media ed ottenere lo stesso risultato.

Qual è l’errore che un artista non dovrebbe mai commettere?
S-vendere Arte come terapia.

Che rapporto hai con le tue opere? Le vendi senza problemi o fai fatica a staccarti?
Tutto quello che faccio fuori dal contesto del muralismo, gli artwork su supporti per me non convenzionali come le tele hanno un valore molto particolare. Ho un rapporto davvero profondo e alle volte di evidente dualismo. Sono affezionato, forse troppo, ad alcune realizzazioni ormai datate oggi prive di mercato, perché hanno fatto parte del mio percorso e mi domando spesso quanto era bella e sincera quella spensieratezza nel produrre senza filtri alcuni, come con i graffiti. Oggi quella sensazione quando produco tele è un po’ svanita, anche perché ora vedo l’Arte come un mestiere, forse uno dei mestieri più complessi, fare arte è una sorta di striptease quotidiano con il quale esponi la tua anima al prossimo e spesso non è per niente facile o così gratificante come tanti credono.

 

metropolitana_brescia_gif_1  Un’opera di Giorgio Bartocci su un pilone della metropolitana di Brescia

 

Non produco molto e quello che non mi piace lo crosso o lo butto via subito, non amo la sovrapproduzione per tanti motivi, spesso di natura logistica, di spazio o per la difficoltà che trovo nel realizzare opere di piccoli formati. Riesco a essere più soddisfatto del mio lavoro attraverso formati molto grandi che purtroppo non vanno sempre d’accordo con gli acquisti o con i coefficienti di mercato, per questo motivo spesso dipingo le pareti con un’attitudine che definisco più pura. Nel contesto delle vendite, sono spesso colpito e onorato quando ho la possibilità di conoscere chi acquista per un senso specifico, chi ama davvero la pittura e ho sempre stimato coloro che acquistano e supportano i giovani autori della scena contemporanea, che si documentano, che si emozionano. Quelli che osservano prima l’opera che l’autore. Sono convinto che i veri collezionisti siano il completamento della “catena alimentare” dell’arte.

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