Federica Fragapane è una giovane information designer, i suoi lavori sono apparsi un po’ ovunque, per esempio su Wired e La Lettura: nel 2014 la sua mappa del turismo in Piemonte – realizzata insieme a Marco Bernardi e Francesco Majno – ha ricevuto una menzione speciale ai Kantar Awards.
Uno dei lavori più recenti ed interessanti di Federica riguarda la rappresentazione della criminalità organizzata nel Nord Italia, è una vera e propria esplorazione visuale delle mafie al nord, ed è stato selezionato e pubblicato nel volume ADI Design Index 2015 per la categoria Targa Giovani. Un tema tutt’altro che semplice da analizzare, soprattutto se proviamo a immaginarlo dal punto di vista dell’information design.
Noi abbiamo dato un’occhiata al progetto, ci è piaciuto molto, e abbiamo contattato Federica per farcelo raccontare meglio.
Quando hai cominciato a interessarti di information design?
Il mio primo approccio con l’information design ha avuto luogo all’università, durante l’ultimo anno di specialistica. Ho frequentato il laboratorio di ricerca DensityDesign, di Paolo Ciuccarelli, diventato poi il mio relatore. Mi interessava la possibilità di lavorare con dei contenuti più o meno complessi, di agevolarne la comprensione e di gestire quel delicato equilibrio tra valore informativo e valore estetico. Sono aspetti che mi interessano tuttora e mi permettono di avere a che fare con gli argomenti più disparati. L’idea di studiare un fenomeno e poi rappresentarlo continua a interessarmi moltissimo.
Come hai ottenuto i dati da rappresentare sulla criminalità organizzata nel nord Italia?
Il progetto sulla criminalità organizzata è la mia tesi di Laurea Magistrale: ho deciso di partire da una serie di documenti ufficiali, le relazioni annuali della Direzione Nazionale Antimafia. Sono documenti pubblici, molto lunghi e a volte di difficile fruizione, e da quel punto in poi il mio lavoro si è svolto parallelamente su diversi piani. Da una parte ho definito la mia utenza e i miei obiettivi: ho deciso di realizzare uno strumento di supporto all’analisi del fenomeno, rivolto a giornalisti, studiosi ed esperti del settore. L’utenza è stata fondamentale nel processo: durante ogni fase del progetto sono entrata in contatto con giornalisti ed esperti, che mi hanno aiutata a definire le informazioni più interessanti e utili e a validare i risultati e gli avanzamenti in corso. Contemporaneamente, ho scelto il tipo di dati: mi interessava estrarre da ogni documento tutti i nomi propri menzionati, i luoghi, le aree di interesse criminali e le vicinanze nel testo tra i termini in questione. Per far questo mi sono rivolta all’ItaliaNLP Lab, istituto di ricerca le cui principali attività sono “finalizzate alla progettazione e sviluppo di modelli, metodi, algoritmi e tecnologie per il Trattamento Automatico del Linguaggio, con particolare attenzione alla lingua italiana”. Il loro aiuto è stato validissimo e fondamentale. Ho utilizzato le relazioni della DNA dal 2000 al 2012, selezionato i paragrafi relativi alla situazione nelle città del Nord Italia e consegnato loro i file, suddivisi per anno e per città. Una volta fatto questo, i ricercatori dell’ItaliaNLP Lab hanno estratto dai testi le vicinanze e i termini necessari e me li hanno consegnati.
Una volta ottenuti i dati, come si è svolto il tuo lavoro?
A questo punto si trattava di analizzare e ripulire i dati. Questa è stata senza dubbio la fase più lunga! Sono state analizzate in tutto 3.999 pagine della DNA ed estratti 25.935 termini, che sono stati poi controllati singolarmente e ripuliti dagli eventuali errori. Periodicamente entravo in contatto con alcuni utenti tipo, per controllare con loro che le informazioni analizzate fossero effettivamente interessanti e utili. Ho deciso di progettare un’interfaccia che permettesse di interagire con questi dati e di agevolarne la fruizione, quindi design, finalmente! Ho disegnato l’interfaccia e sviluppato i diversi modelli visivi che hanno permesso di rappresentare i diversi tipi di informazioni. Anche in questa fase il contatto con gli utenti è stato fondamentale: volevo realizzare uno strumento utile, era molto importante che fosse chiaro e di facile comprensione. Testarlo nelle diverse fasi con alcuni di questi potenziali utenti mi ha aiutata moltissimo.
Quanto tempo hai impiegato a concludere il tuo progetto?
È stato un progetto lungo, soprattutto perché in parallelo ho iniziato la mia attività lavorativa come designer, “unendo i pezzi” posso dire di averci lavorato almeno un anno.
Qual è stato l’aspetto più complesso del tuo progetto?
Definire gli obiettivi e le informazioni da analizzare. Mi sono trovata davanti a un fenomeno estremamente complesso, che può essere affrontato e analizzato in mille modi diversi. Penso che l’importante nel mio caso sia stato scegliere la strada che volevo percorrere, rimanendo consapevole proprio del fatto che fosse una scelta tra diverse possibilità: inevitabilmente avrebbe escluso dei fattori, ma, proprio per questo, ne avrebbe portati alla luce altri.
C’è qualcosa che avresti fatto in maniera diversa?
Mi sarebbe piaciuto avere ancora più pareri, contattare ancora più giornalisti ed esperti e sviluppare effettivamente il progetto. Ma ho anche scelto di lavorare contemporaneamente, il mio tempo è stato limitato da questo. Quindi, tenendo in considerazione questo fattore, in realtà sono soddisfatta del risultato.
Ho letto che hai lavorato con Accurat, noi di recente abbiamo intervistato Giorgia Lupi: che cosa ti ha lasciato quella esperienza?
Sono due i momenti davvero importanti per la mia formazione: il periodo con DensityDesign e il periodo con Accurat. Ho lavorato e collaborato con loro per anni e posso dire di avere imparato a lavorare grazie a loro. Giorgia è stata un insegnamento costante per moltissimo tempo, uno degli aspetti più importanti che ho acquisito con loro nel corso degli anni è stata la capacità di lasciarsi ispirare. E poi il fattore umano: il team di Accurat è composto da persone talentuose con cui è sempre un grande piacere lavorare e, soprattutto, con cui ho stretto delle bellissime amicizie.
A volte chi fa information design si fa un po’ prendere la mano, producendo infografiche stupende ma illeggibili: come si fa a non cadere in questo errore?
Penso che per evitarlo sia fondamentale tenere sempre sotto controllo i propri obiettivi. Sono capitate anche a me situazioni in cui mi è stato chiesto di realizzare una visualizzazione più “bella e di impatto” che comprensibile. In quel caso gli obiettivi sono di un certo tipo e bisogna tenerne conto nel momento in cui si lavora per un committente (questo per spezzare una lancia in favore di chi commette questo “errore”: a volte non è un errore, è proprio una richiesta specifica, condivisibile o meno!). Ma bisogna sempre tenere conto del fatto che si sta trasmettendo un messaggio e questo aspetto comporta delle potenzialità e quindi delle responsabilità. In quanto alla chiarezza, sta lì il bello! Quando le persone analizzano una mia visualizzazione e riescono a capire tutto senza problemi, capisco di aver fatto un buon lavoro.