Lo scorso anno la fabbrica svizzera di matite colorate Caran d’Ache ha compiuto un secolo di vita e per celebrarla il magazine The Hour ha commissionato al fotografo Greg White questa serie di affascinanti scatti all’interno della fabbrica. Solo guardandoli sembra di sentire il profumo di legno e cera dei meravigliosi e tanto amati pastelli.
Il nome Caran D’Ache significa matita in russo (карандаш = matita), ed era lo pseudonimo di Emmanuel Poiré, disegnatore e umorista francese considerato uno dei precursori del moderno fumetto. È stato l’autore autore di vignette di satira politica pubblicate su vari giornali quali Le Chat noir, Le Tout-Paris, La Vie militaire, Le Journal, Le Rire e Le Figaro.
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Le matite colorate sembrano essere diventate per la maggior parte di noi qualcosa di raro e prezioso, in fondo se non si è più nell’età scolastica e non si è ancora diventati genitori avere dei pastelli colorati in casa o negli astucci è una cosa davvero poco comune.
Le tecnologie che ci circondano ci hanno allontanato sempre più da questi oggetti analogici – e un po’ magici – con le quali davamo vita alle nostre fantasie da bambini, e quando per caso ci capita di trovare in fondo a un cassetto una matitina colorata vissuta e consumata riaffiorano ricordi che sembrano lontanissimi.
A scuola chi puntava a una carriera da giovane Picasso si affidava alle lussuosissime matite Caran d’Ache che erano qualcosa di davvero prezioso, sia per il prezzo, sia per il fatto che bisognava prestare molta attenzione a non farle cadere, altrimenti la mina interna avrebbe potuto rompersi causando disagi continui.
Certo, quando si provava a passare una Caran d’Ache su foglio ruvido la sensazione era quella che il colore si fondesse con le molecole di cellulosa. Vi ricordate quella sensazione? Questi scatti provano a risvegliare l’amore per questi oggetti che ci hanno accompagnati per i momenti più creativi della nostra infanzia.
FONTE | Dalziel&Pow