Una delle tante cose fastidiose del dover morire è legata ai tatuaggi; tutto quel dolore, quelle interminabili sedute dal tatuatore spariranno insieme al nostro corpo e non potremmo farci niente. Una soluzione in realtà ci sarebbe (ma solo se siete americani): diventare soci della NAPSA, acronimo di National Association for the Preservation of Skin Art, cioè l’Associazione Nazionale per la preservazione dell’arte sulla pelle.
Funziona così: ti registri al sito e compili il tuo profilo in tutti i suoi campi, compreso quello in cui fotografi e mostri il tatuaggio da salvare, poi, logicamente, condividi il tuo piano di preservazione con la famiglia e gli affetti più cari, tra i quali potrai scegliere il beneficiario dell’opera finita (una volta morto eh…). Assicurati che sia una persona coraggiosa e con il pelo sullo stomaco perché il procedimento successivo sarà piuttosto splatter.
Tu intanto te ne stai tranquillo e ti godi la vita fino a che non giunge la tua ora, basta che ti ricordi di rinnovare la tessera annuale dell’associazione, altrimenti alla fine dei giochi non accadrà nulla.
Finalmente, una volta morto succede un po’ di azione: il beneficiario informerà la NAPSA del tuo decesso entro 18 ore e riceverà un kit per salvare il tatuaggio, ovvero per rimuovere il brandello di pelle tatuata. Ve l’avevamo detto che sarebbe arrivata la parte splatter. In caso l’erede non se la senta, ovviamente potrà chiedere agli addetti delle pompe funebri di compiere questo lavoraccio.
Il pezzo di pelle tatuata verrà poi spedito alla NAPSA, che si occuperà di trattarlo a dovere per renderlo eterno e, dopo qualche mese, di rispedirlo a casa all’interno di un qudretto incorniciato. Praticamente il tuo tatuaggio sarà esposto in salotto come un normale dipinto o come una reliquia di un Santo miracoloso.
Sei ancora vivo oppure sei svenuto? Sì, il tema è piuttosto macabro e ricorda non poco la trama di un film tipo Non aprite quella porta, ma è tutto lecito.
Negli Stato Uniti, il 38% delle persone in età tra i 18 e i 29 anni è tatuato e capite da soli che sarebbe un gran peccato se tutta quell’arte andasse irrimediabilmente perduta col passare del tempo. Qui sotto vi mostriamo alcuni esempi di tatuaggi preservati ed incorniciati, presi direttamente dal sito della NAPSA. Diciamo pure che per alcuni, non c’era proprio bisogno di scomodarsi tanto. I tatuatori avrebbero fatto meglio ad esercitarsi sul libro di pelle finta, prima di rovinare la vita e persino la morte dei poveri clienti.