Il lavoro di Federico Babina, architetto ed illustratore italiano, ci ha sempre affascinato. Col suo stile unico ha mischiato le carte in tavola, illustrando volta per volta le locandine dei film culto partendo dall’architettura nel progetto Archicine oppure ha immaginato le case come se fossero state progettate dai più grandi registi in Archidirector o ancora i profili dei musicisti disegnati come fossero progetti architettonici in Archimusic.
Il suo ultimo lavoro si chiama Style Life e già dal titolo se ne intuisce il contenuto: una serie di nature morte (still life) di oggetti creati per la comunicazione, iconici per lo stile (da cui style) dei decenni dal 1900 ad oggi. L’evoluzione della macchina fotografica, della macchina per scrivere, del grammofono e della radio dei primi del 1900 fino ad arrivare ai computer e ai mangiadischi arancioni degli anni 70-80 e approdare ai giorni nostri con i tablet e gli smartphone. Una trasformazione estetica, oltre che tecnologica.
Visto il successo eccezionale dei suoi progetti, abbiamo deciso di fargli qualche domanda su social, ispirazioni, metodo di lavoro e di conoscerlo un po’ meglio. Partiamo da lì.
Chi è Federico Babina?
Sono un architetto e graphic designer (dal 1994), vivo e lavoro a Barcellona (dal 2007), ma soprattutto sono una persona curiosa (da sempre). Ogni giorno cerco di ritrovare un modo di osservare il mondo attraverso l’innocenza degli occhi di un bambino. I bambini sono in grado di avere una visione delle cose totalmente disinibita e senza il condizionamento dell’esperienza. Non mi piace e non voglio confinarmi nella una prigione di uno stile o di una forma. Il disegno, l’illustrazione e l’architettura sono per me dei modi per raccontare e fotografare i pensieri, i sentimenti e le emozioni. Ogni immagine ha una storia e ogni immagine è la testimone di una storia.
Sei un architetto prestato all’illustrazione o il contrario?
Un architetto deve essere un buon illustratore. Il disegno è la prima maniera di dare forma ad una idea. Mi diverto a trasformare l’architettura in una illustrazione e un’illustrazione in una piccola architettura. Cerco di trovare l’architettura nascosta e farla parlare una lingua differente per comunicare con un pubblico che può essere “straniero” all’architettura.
Nei tuoi lavori ci sono un sacco di riferimenti diversi, che vanno dalla cultura pop a musicisti, registi e persino oggetti concreti. Come scegli i temi delle tue illustrazioni?
È come se la cultura del nostro tempo fosse una città che ciascuno di noi sta visitando. La città è la stessa per tutti però i percorsi e le vie che decidiamo di intraprendere sono eterogenei. Non so se esistono cose colte e cose più popolari. Sono invece sicuro che esistono cose fatte intelligentemente frutto di un processo pensato e sentito. Io sono figlio della cultura del mio tempo, come tutti.
Hai avuto un bel successo, i tuoi lavori sono spesso condivisi non solo da riviste e webzine di settore ma anche dai non addetti ai lavori sui social…
L’esposizione alle reazioni della gente, siano esse positive o negative, ha sempre un effetto condizionante. In una maniera cosciente o incosciente il lavoro rischia di modificare alcune traiettorie. La visibilità in certi aspetti aiuta e in altri inibisce. La vetrina nella quale mi espongo e mostro le mie cose si è fatta più grande e sto imparando a convivere con le diverse sfumature che questo comporta.
Hai già qualche idea per i prossimi progetti?
Cerco sempre di lavorare su più progetti contemporaneamente. Questo mi permette di avere un approccio più dinamico. Sono un multitasking designer. Ho in mente e sto lavorando su diverse serie. Una esplora il linguaggio dei vuoti in architettura. Altre parlano di sesso e di moda… to be continued…