Quando Dylan Dog arrivò nelle edicole di gran parte d’Italia, Sergio Bonelli era un editore di fumetti destinati ai maschi più o meno adulti, che amavano il mistero e l’avventura. Era il 1986 e in provincia noi piccoli ci divertivamo a leggere gli albi dei nostri padri e, quando non erano troppo sorvegliati, a venderli per strada in banchetti fatti con le cassette della frutta. I vigili ci lasciavano stare, d’altronde era un’epoca in cui non erano obbligatorie le cinture di sicurezza in macchina, il casco in motorino era un optional e gli scontrini nei negozi pure.
Era un po’ il nostro rito di passaggio per fingere di essere grandi: Tex, Zagor, Mister No e Martin Mystère ci mostravano eroi con qualche macchia e qualche dubbio, sempre pronti a fare giustizia, che si trattasse di risolvere enigmi, combattere briganti nella giungla, debellare i riti voodoo o fermare l’assalto a una diligenza. Nei numeri antecedenti all’arrivo di Dylan Dog, vedevamo la pubblicità di questo nuovo personaggio e della sua specialità: indagare l’incubo, fermare i mostri. In copertina del primo numero c’era questo tipo, un po’ Rupert Everett un po’ Claudio Baglioni, con la camicia rossa, la giacca nera e la pistola in pugno, pronta per far fuori gli zombie che spuntano da tutte le parti.
Un fumetto horror? Un sogno. In futuro ci sarebbero state decine di imitazioni, ma lui è l’originale. Creato da Tiziano Sclavi e reso graficamente da Claudio Villa, negli anni è stato disegnato (per lavoro o per piacere) da tutti i disegnatori italiani, ha affrontato mostri reali e psicologici, ha cambiato faccia e abitudini, pure padri, passando da Tiziano Sclavi a Roberto Recchioni.
Non mutano i segni distintivi del personaggio, che dal 26 settembre 1986 ad oggi sono rimasti gli stessi: Dylan Dog vive a Londra, veste camicia rossa, jeans scarpe Clarks, è alto 1.85, non fuma e (di norma) non beve ma è un ex alcolizzato, è vegetariano, ecologista e animalista, claustrofobico, aerofobico, soffre di vertigini, ipocondriaco, odia i cellulari, ama la musica (metal, new wave, classica) e la poesia, ma soprattutto, praticamente in ogni albo si innamora di qualche ragazza che ricambia con una facilità disarmante.
Dylan Dog lo abbiamo invidiato da sempre, perché grazie al suo spirito anarchico e al suo carattere enigmatico, pieno di lati oscuri, riesce a capire gli altri meglio di uno psichiatra e riesce a scappare dai mostri alla fine di ogni albo. Abbiamo voluto fin da subito essere come lui: affascinanti, misteriosi, risolutivi e, of course, magneti nei confronti dell’altro sesso. Anche se dopo 32 anni di cose ne sono cambiate, quando apriamo un albo di Dylan Dog torniamo un po’ a casa e ci scopriamo di nuovo bambini alle prese coi mostri, che non se ne vanno mai del tutto. Per questo e per tutto il resto, buon compleanno Dylan Dog.