Il designer milanese Andrea Minini ha un’ossessione particolare per il regno animale e per le linee curve. Per mezzo di linee uguali, sovrapposte con un’angolatura differente, riesce a comporre stupende silhouette: è l’effetto moiré, grazie al quale dona classe e rigore alle proprie illustrazioni.
Da pochi giorni è uscita la sua terza serie di Animali in moiré, che ha realizzato forzando ancora di più i limiti della tecnica e tracciando due linee per volta, fino a comporre l’immagine completa. Oggi, le sue creature stanno girando un po’ ovunque, su siti di settore e non. Lo abbiamo sentito per fargli qualche domanda a riguardo.
“Sono un graphic designer di Milano. Mi piace la sintesi, less is more sarà anche abusato ma funziona sempre.”
Come ti è venuto in mente di ritrarre gli animali con questa tecnica?
Visto che sono disegni a tratti molto sintetici (vedi i pipistrelli della prima serie, ad esempio), mi servivano dei soggetti che avessero delle belle curve e dei tratti riconoscibili e riconosciuti. Gli animali piacciono a tutti e hanno queste caratteristiche. In realtà il moiré vero e proprio non comprare sempre, diciamo che è più line art. Solo che “Animali in moiré” mi sembrava un bel nome e li ho chiamati lo stesso così.
Come hai scelto i soggetti da ritrarre?
Nella maggior parte dei casi, pensando a monte quali fossero quelli più adatti ad essere rappresentati con delle linee. Ad esempio, le balene.
Ti sei ispirato a qualcosa o a qualcuno in particolare?
In realtà tutto è nato “giocando” con Illustrator. C’è questo tool, che si chiama blending, che secondo me è eccezionale, che permette, partendo da poche righe, di creare figure complesse. La parte difficile del lavoro è ovviamente trovare una sintesi del segno e della figura che dia un risultato piacevole. Il puma è stato il primo ed è venuto fuori, diciamo pure, per tentativi. Giocando e provando, appunto. Visto che funzionava, ho pensato: perché non fare una serie? Questa ultima è, innanzitutto a colori, e poi ogni animale è disegnato usando solo due linee (alle quali poi è applicato il blending tool).
“Il puma è stato il primo ed è venuto fuori, diciamo pure, per tentativi. Giocando e provando, appunto. Visto che funzionava, ho pensato: perché non fare una serie?”
“Ad essere onesto c’è anche una parte di imprevedibilità e casualità.”