Ore sei, suona la sveglia. Mi alzo dal letto un po’ assonnato, ma non importa, perché lo so, oggi sarà una giornata campale: mi infilo la maglietta, un paio di pantaloncini, le mie scarpe preferite e anche un cappello, bianco e rosso di tela. Sono pronto e deciso, vado al parco. Ma non ci vado per una corsetta mattutina, ma perché le prime ore del giorno sono il momento ideale per catturare dei pokémon coleottero nel parco sotto casa. Ecco come Pokemon Go ha cambiato la mia vita.
Ma che cos’è Pokémon Go? È il videogioco per smartphone sulla bocca di tutti, quello che ha per protagonisti quelle simpatiche creaturine inventate – poco meno di trent’anni fa – da Satoshi Tajiri (letteralmente “pocket-monsters”: mostri tascabili) e che, dopo innumerevoli trasposizioni come cartone animato, giochi per GameBoy, film e gadget vari, sbarcano nel mondo smartphone per non lasciarci mai soli. Nel vero senso della parola.
Pokémon Go (la cui app è uscita il 6 luglio in Australia e in America – in Italia ufficialmente arriverà a metà luglio ma è già disponibile in qualche store digitale) sfrutta la realtà aumentata e la fotocamera del nostro telefono. Infatti attraverso essa si potrà vedere il pokémon che si desidera catturare, ad esempio, saltellare allegramente sotto l’arco di Porta Romana a Milano. Ecco che allora, sfruttando le pokeball, si potrà collezionare quell’animaletto e via così: in un’ideale quanto fisica mappa della città alternativa, si potranno scoprire anche posti fin qui mai visitati, sempre alla ricerca del pokémon perduto.
Gli sviluppatori di Nintendo (primo caso in cui la casa giapponese si è dedicata a un gioco per smartphone) hanno spiegato che hanno realizzato questa app pensando di “Portare le ragazze e i ragazzi di tutto il mondo ad esplorare le proprie città e paesi, spinti dal desiderio di catturare i pokemon. Un modo come un altro, ma molto più divertente – hanno aggiunto dalla sede di Kyoto – per far sì che i ragazzi si muovano e facciano anche un po’ di attività fisica”.
Ci sarà anche la possibilità – ma soltanto in un secondo momento dalla release ufficiale – di acquistare un bracciale che segnalerà la presenza di creature nelle vicinanze, ovunque ci si trovi. E la sensazione che sia molto un gioco fisico e di sudore la si prova sin dai primi minuti.
A questo proposito a differenza della classica trasposizione su GameBoy che ti costringeva ad interminabili sedute di gioco completamente immobile e isolato dal resto del mondo, Pokémon Go ti porta a girare e muoverti in lungo e in largo: ecco un Rattata in salotto, poi uno Squirtle nel laghetto in mezzo alle anatre e, udite udite, un Mankey nella sezione latticini del supermercato in periferia. “Non ho mai sudato tanto per un videogioco” si è letto nei forum e nei dibattiti on line.
Anche se per il momento, come dicevamo, in Italia è disponibile soltanto la versione beta (tra l’altro non sicurissima da scaricare) ma già moltissimi ci stanno giocando. Per tastare il polso e capire come è stato accolto questo gioco dal pubblico italiano ho realizzato alcuni sondaggi campione in alcuni gruppi di Facebook.
I risultati sono stati abbastanza chiari: molti si sono lamentati della carenza del segnale GPS e della lentezza dei caricamenti (ma d’altronde, essendo una versione di prova, non si poteva pretendere poi molto di più), tuttavia tantissimi si sono dichiarati entusiasti dicendo di aver passato tutta la giornata di ieri a catturare pokemon in quantità industriale.
“Ho convinto mia mamma a fare un giro in macchina solo per catturare un Doduo” spiega una ragazza mentre un ragazzo rincara la dose: “Ho trovato molto divertente quando in cortile ho preso uno Zubat che svolazzava sornione sopra il mio cane” e ancora un altro ragazzo: “Da quando ho scaricato Pokémon non vado in nessun posto, dalla stazione del treno allo studio del mio dentista, senza tirare, con un po’ d’ansia, il telefono alla ricerca di qualche pokemon nelle vicinanze: è diventata una vera ossessione!”.
A conti fatti questo è il gioco dell’estate 2016: dai Super Liquidator sempre più potenti e deflagranti degli anni novanta a un gioco in cui si mima di catturare dei mostricciattoli con una pallina immaginaria, ecco servita l’evoluzione tecnologica! Ma ora devo andare: ho visto un Magmar entrare nel retro del supermercato, probabilmente si sarà rintanato nel girarrosto dei polli: ma tanto lo sa già di non avere scampo.
Si ringraziano le ragazze e i ragazzi del gruppo Facebook Diesagiowave per essersi prestati al mio sondaggio.