A me piace il calcio, a mio padre la Formula 1. Mio padre in pratica seguiva la Ferrari come io seguo la mia squadra del cuore. Ma la Ferrari è un orgoglio nazionale, la seguono tutti, anche chi non s’interessa a questo sport. In un’epoca in cui non esistevano ancora i social e la mitologia era ancora veicolata dalle televisioni, rimanere ammaliati dalle figure dei grandi personaggi di ogni disciplina era quasi obbligatorio. Mike Tyson, Micheal Jordan, Pantani, Schumacher. Ecco sì, mio padre credo venerasse più il pilota tedesco che la scuderia emiliana, ogni due settimane, per inevitabili motivi, ero costretto a sorbirmi noiosissime gare di oltre due ore mentre pranzavo da nonna. Non ne capivo nulla, come non ne capisco nulla ora, ma forse per trovare un senso a quel “disagio televisivo”iniziai a tifare Raikkonen.
Tifare è un parolone, semplicemente ho scelto il pilota che preferivo, fosse arrivato primo o ultimo poco importava. Tutto ciò che mi tediava erano le premiazioni che spesso si prolungavano oltre le 15,00 impedendomi di guardare l’inizio delle partite (che allora si svolgevano quasi tutte in contemporanea la domenica pomeriggio). Ma Kimi mi piaceva davvero, forse perché, pur dimostrandosi un vincente, è sempre stato un underdog, l’ultimo barlume di passione per mio padre, uomo d’altri tempi, che nella sua virilità glaciale aveva riposto l’eredita umana di Michael, ma anche di molti tifosi Ferraristi: il finlandese è stato l’ultimo pilota capace di vincere il campionato mondiale col cavallino nell’ormai lontano 2007. Segnando, difatti, il declino, il canto del cigno della casa di Maranello che, nonostante Alonso, Vettel e Massa, non è mai più riuscita ad imporsi a quei livelli.
Kimi Raikkonen è uno dei 5 piloti ad avere superato i 100 podi in carriera, è il pilota con più gare nella storia della F1 ed ha un mondiale all’attivo, ciò nonostante, avrebbe probabilmente potuto vincere di più. Come molti sportivi che ho amato (qui ad esempio un articolo su Borja Valero) Kimi ha anteposto la sua figura umana a quella di sportivo, e la simpatia che ne è scaturita è la naturale reazione a un ragazzo che non si è mai sforzato per trasformarsi in un personaggio ma lo è diventato semplicemente essendo sempre se stesso. Questa estate anche Valentino Rossi ha annunciato il suo addio, a 41 anni proprio come il pilota finlandese, ma le differenze a mio avviso sono molto evidenti. Valentino Rossi nel mondo del Moto Gp ha sempre sguazzato come uno squalo, la sua decisione è figlia della frustrazione di non riuscire più a competere con i nuovi centauri. A Kimi invece non interessava vincere, interessava correre, motivo per il quale già nel 2010 si era ritirato dalla F.1. per dedicarsi al rally, salvo poi tornare un paio di anni più tardi. A Kimi piaceva correre ma non sopportava tutto il resto del mondo della Formula 1, ed è per questo che vogliamo celebrarlo non con una classifica dei suoi sorpassi più sorprendenti (tutti sanno che è stato un grande pilota) ma ricordando i suoi momenti più iconici e divertenti
L’indifferenza a Nicole Kidman:
Iceman è un soprannome che va meritato: perché vieni dalla glaciale Finlandia, per la freddezza che dimostrai in gara o perché puoi permetterti di ignorare una delle attrici più famose e affascinanti del mondo venuta appositamente a trovarti nel box della Ferrari. Magari Kimi, semplicemente, non ha mai visto un film di Nicole Kidman, in ogni caso, interrogato da un giornalista sull’accaduto, si giustificherà così “Perché dovrei parlare con una persona solamente perché è famosa?”.
Le interviste:
Kimi proveniva da una famiglia di meccanici, passò anni a correre nelle gare amatoriali costruendo e riparando il proprio kart autonomamente. Molto plausibilmente, odiava tutti gli altri piloti, considerati, nella maggior parte dei casi, “dei ragazzini viziati figli di coglioni con i soldi”. Kimi Raikkonen, proprio come il già citato Borja Valero col calcio, odiava tutto il contorno della F.1. -il business e la sua lenta trasformazione da sport a show- e questo rancore che trovava la sua massima espressione nelle interviste. Su YouTube potete trovare intere compilation di risposte a monosillabi, noterete che, ogni volta che gli veniva posta una domanda, il pilota iniziava involontariamente a grattarsi. La sua avversione ai giornalisti era fisica, una vera e propria orticaria.
La fuga nello yacht:
Montecarlo 2006, uno dei gran premi più prestigiosi del mondiale, unico circuito cittadino dei tempi. Il motore della sua Mc Laren si fonde e Kimi non può fare a meno che abbandonare gara e vettura. Dovrebbe rientrare mesto ai box come ogni pilota, invece scavalca le transenne e si dirige, con tanto di casco e tutta ancora addosso, verso il suo yacht. Dopo essersi cambiato, si gusta la fine del gran premio bevendosi una birra sulla sua lussuosa imbarcazione. Eroe.
Le comunicazioni radio:
La natura proletaria del pilota finlandese si è tramutata in una sorte di snobbismo non solo verso gli altri piloti ma anche verso i meccanici (che Kimi spesso trattatava come degli incompetenti). Il pilota finlandese ha ammesso che gli sarebbe piaciuto gareggiare in incognito così da poter stare finalmente solo sulla sua vettura, difatti, le comunicazioni radio sono al secondo posto nella sua classifica dell’odio, dietro solamente alle interviste. Ma ci hanno regalato momenti inarrivabili.
L’ebrezza:
Ahimè, Kimi Raikkonen verrà spesso ricordato nella memoria popolare per le sue imprese alcoliche più che sportive. Non che l’una non potesse andare di pari passo con l’altra, nel 2012, ad esempio, si presentò al Gran premio di Barcellona dopo 16 giorni da ubriaco ed arrivò terzo. I suoi amici e collaboratori più stretti ammettono che, nel privato, Kimi è una persona molto più espansiva e simpatica di come sembra. Le sue apparizioni da ubriaco lo confermano, sicuramente ci passerei volentieri una serata.