C’è stato un periodo buio della nostra storia recente, un medioevo della bevuta presente nelle biografie di troppi di noi, in cui ci sembrava ragionevole sorseggiare un atroce mischione fatto di tequila, gin e vodka. Erano gli anni ’90.
Sì, tequila, gin e vodka, ovvero quel crimine contro l’umanità allo stato liquido che era il TGV, nato negli anni ’30, dal treno francese raccoglieva giusto l’acronimo; o forse la suggestione che una volta bevuto sarebbe stato come essere travolti dal convoglio ad alta velocità, lanciato alla sua massima velocità.
Andava esattamente così.
Quel periodo – per chi scrive – dicevamo, era la seconda metà degli anni ’90, fu un periodo oscuro per i cocktail, in cui il palato di chi frequentava i locali non era ancora esigente come oggi, dove siamo passati all’opposto estremo: e di posti dove bere cocktail fighetti, insieme ad altri fighetti, le metropoli brulicano.
Il TGV però non era l’unico cocktail atroce, buono forse per sverniciare una recinzione arrugginita. Il TGV aveva una serie di compagni che sbagliano bella lunga, e che per come la vedo hanno avuto un momento di effimera celebrità solo in quella frazione di anni, diciamo seconda metà dei ’90, fino ai primi anni ’00. Poi, vai a sapere, per fortuna ci sarà stufati.
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Degno compagno del TGV era l’infame Angelo Azzurro, che dietro il nome seducente che richiamava Marlene Dietrich celava una pozione maledetta fatta di gin, triple sec o in alternativa Cointreau, e il tocco finale, Blue Curaçao.
Un piacere quasi futurista per gli occhi quello dell’Angelo Azzurro; forse non era ottimo da bere, di sicuro resta ottimo per sgrassare ingranaggi industriali.
Persino nella pagina di Wikipedia dedicata chi compila la voce ammette che lo si bevesse solo per l’elevato numeri di ottani, pardon; per l’elevata gradazione alcolica. Completamente sparito, non ne sentiamo la mancanza.
Il terzetto di bastardi senza gloria ma a elevatissima gradazione alcolica però non sarebbe completo senza l’Invisibile.
L’Invisibile, proprio lui. Purtroppo non si è guadagnato ancora una pagina sulla più nota enciclopedia online, ma una pagina su Cocktail Mania sì: il mix dell’Invisibile era composto da zucchero liquido, succo di limone, triple sec, vodka, rum bianco, gin e a guarnire una fetta di limone.
Alla lista degli ingredienti mancavano solo lo shampoo e l’Avio per renderlo adatto a detergere il serbatoio di una petroliera, e non solo: la lista degli ingredienti ne suggerisce una variante sostituendo al triple sec la tequila, e a quel punto ottenere propellente per razzi adatto a superare l’atmosfera terrestre.
Sempre in quegli anni, vado a memoria, fu il trionfo della Caipiroska e della Caipirinha. Che però rispetto ai tre precedenti, condividevano solo l’alone di sfiga, ma non la gradazione alcolica; visto che per arrivare a percepire una leggerissima ebbrezza dovevi berne una cisterna, delle stramaledette Caipi. Apprezzate più spesso dalle donne che dagli uomini, le varianti Caipi-qualcosa proliferarono in quegli anni, e non ce ne siamo ancora liberati: purtroppo.
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Altra chicca di quel periodo, indimenticabile: lo scenografico B52. Nato sul finire degli anni ’70 o nei primissimi anni ’80 negli Stati Uniti.
Il B52 si componeva – e si compone ancora, per chi da tempo immemore non ha più a cuore la propria dignità – di Kahlua, crema Baileys e Grand Marnier, che però, attenzione, non venivano mischiati, nossignore.
Grazie alla differente densità dei tre alcolici restavano separati; e volendo, il barman dava poi fuoco al layer superiore, quello al Grand Marnier. Un gesto discreto come una Ritmo Cabrio con interni leopardati che oggi farebbe arrossire chiunque sia dotato di un minimo di amor proprio. Un gesto nato, vuole la leggenda, per rendere omaggio alle bombe incendiarie al napalm lanciate dai bombardieri B52 in Vietnam: che dolcissimo omaggio.
Inoltre ricordiamoci anche che il B52 ha tra gli ingredienti la crema al Baileys, e la crema Baileys – e soprattutto le persone cui piace oggi, nel 2017, la crema Baileys – sono un insulto a tutto quello che c’è di buono e sacro.
Bonus track finale in questo viaggio allucinante negli alcolici che hanno tormentato una generazione, lo shottino “cervello di scimmia”, o, a seconda delle regioni e dei locali, “cervelletto”, “cervello”, e altre denominazioni spesso di stampo neurologico, anche anglofone, come “monkey brain”.
Ingredienti: granatina, Cointreau, sempre lo stramaledetto Baileys. Andava preparato con attenzione in modo che le differenti densità dei liquidi formassero quello che, dopo una serata a base dei cocktail precedenti, ricordasse un cervello.