È una notizia che torna ciclicamente come un tormentone, ma ogni volta viene smentita. Stiamo parlando dello sbarco in Italia di Starbucks, popolarissima catena di caffetterie americane, presente in 68 paesi con oltre 20mila punti vendita, che finora si è sempre tenuta lontana dal nostro paese.
Dopo tante bufale e tanti annunci a vuoto, questa volta qualcosa sembra stia cambiando: ad annunciarlo è il Corriere della Sera, che parla di come il piano del gruppo americano che controlla Starbucks sia piuttosto avanzato. In particolare, l’apertura del primo punto vendita italiano avverrebbe grazie al contributo del gruppo di Antonio Percassi, imprenditore di spicco nell’ambito dei centri commerciali e del retail, nonché presidente dell’Atalanta. Dopo aver contribuito alla diffusione e al successo dei punti vendita di aziende come Benetton e Zara, Percassi sarebbe stato scelto da Starbucks per preparare il terreno all’avvento di Frappuccino & Co. nelle città italiane.
Sempre stando al Corriere, le firme sugli accordi sono previste entro la fine dell’anno, con l’apertura del primo negozio a Milano nel corso del 2016. In caso la notizia venisse confermata, siamo certi che seguiranno reazioni da stadio che impongono solo due possibili schieramenti: chi è entusiasta a priori e l’indignato difensore della italica tradizione. Si tratterebbe peraltro della seconda operazione di questo tipo nell’arco di pochi mesi, dopo l’apertura del primo ristorante Domino’s Pizza a Milano.
Per sbarcare nel Paese che ha fatto dell’espresso una bevanda di tradizione e culto, l’imprenditore bergamasco e l’uomo d’affari della West Coast hanno valutato una formula originale per catturare i clienti italiani, che avrà il suo punto di forza nel hi-tech e nell’offerta digitale. L’idea è di selezionare location nel centro città, quello degli affari, dove si incontrano banchieri, avvocati, imprenditori e professionisti che hanno bisogno di parlarsi in modo riservato e, soprattutto, necessitano di una buona connessione wi-fi.
Un mix che anche a Milano, capitale del business, non è proprio facile trovare. Sul digitale Starbucks ha puntato molte carte, naturalmente partendo dagli Stati Uniti dove ha appena sciolto i rapporti con la compagnia telefonica At&t e ha firmato una partnership tecnologica con Google, diventato wi-fi provider che garantisce servizi gratuiti alla clientela dei negozi Starbucks, per ora a circa la metà del network di 22.500 coffee house in 68 Paesi.
Continua a leggere sul Corriere