– Dici che dobbiamo andare a salutarlo?
– Eh, dovremmo andare. Poi ci sono anche le telecamere…
Lo scambio di battute non arriva da una brutta sceneggiatura di un brutto film, ma dalla fila dietro di me: due adulti e tre ragazzini, verosimilmente una famiglia. I primi tutti tirati a lucido, i secondi con pietra nell’orecchio e monogramma tatuato sul collo. Uno stile condiviso da molti degli invitati alla prima milanese di “Metamorfosi”, documentario dedicato al percorso di scoperta interiore di Fabrizio Corona. Sì, messa in modo così perentorio fa ridere, ma è tutto vero e risale al periodo precedente alla condanna per vari reati, tra cui bancarotta ed estorsione. 13 anni totali: più di due scontati nel carcere di Opera e a giugno 2015 l’affidamento alla comunità Exodus di Don Mazzi, anche per motivi di salute. Prima della condanna, prima del carcere, Corona era stato convinto dall’amico imprenditore Jacopo Giacomini (che firma anche il film con Roberto Gentile) a tentare una serie di sedute di meditazione. E di urla liberatorie, vedi foto della coppia Giacomini-Corona.
“Metamorfosi” (in uscita in sala il 10 settembre e prodotto tra gli altri dal marchio di abbigliamento Silvian Heach) racconta proprio i tentativi di Corona tra esperimenti di ricerca interiore di vario tipo e fa decisamente a pugni con l’immaginario che viene evocato da stile e tono degli ospiti. Non ho vissuto i rampanti anni ‘80 milanesi per motivi anagrafici, ma nella mia testa sono pieni di personaggi come quelli che si raccolgono all’ingresso del cinema Odeon, a due passi dal Duomo. Non è un caso che, perso in questa suggestione, da lontano abbia scambiato Ivano Chiesa, il legale di Corona, per un redivivo Gianni De Michelis.
L’altro miraggio della serata è costituito dai molteplici avvistamenti di Corona prima dell’inizio del film. Tra gli ospiti si contano almeno 4 o 5 para-Corona, vestiti e pettinati come lui: c’è quello con il capello corto, quello con il baffo e quello con il cappello. Tutti mezzi cloni, perché Corona arriva solo a proiezione iniziata, accolto da grandi applausi. Due saluti e poi si siede, perché il film sta andando.
Ecco, il film. Meglio dirlo subito: è impossibile giudicarlo come un film normale, perché non ha niente che funziona. E per niente intendo che l’audio è fuori sync per metà del tempo e i fuochi sbarellano come nel filmino delle vacanze di zio Eugenio. Stesso discorso per la scrittura, visto che il documentario mostra una incessante ripetizione di scene in cui Corona e il suo amico Giacomini provano esercizi di respirazione, con il primo che fatica a lasciarsi andare e il secondo che in tempo zero arriva a tanto così dal partorire un figlio che non ha mai concepito (forse).
Ma andiamo con ordine e parliamo innanzitutto del cast. Per comodità vi allego una foto del pressbook.
Tutti professionisti attivi da anni, che nel finale del film vengono presentati come benefattori dell’umanità che meriterebbero un paio di Nobel per la pace, forse anche due e mezzo. Ve ne presentiamo una, la rebirther Iole Calvigioni:
Lei è la prima a provare a intervenire su Fabrizio Corona, in quello che è l’obiettivo di tutte le figure che compaiono nel documentario: fargli capire che la vita non è solo soldi, donne e successo, ma anche relax, pausa, riflessione.
E no, Corona non è molto convinto.
Il momento più apprezzato dal pubblico è quello in cui la mamma di Corona dice al figlio, senza giri di parole e con un’onestà imbarazzante, che deve cambiare e che un po’ di carcere gli farà bene. Sulla carezza di Corona alla madre, parte l’applauso commosso della sala.
Esperimento dopo esperimento, Corona si lascia andare, ma il suo percorso verso l’happy ending della piena coscienza di sé è interrotta dall’arresto. Anche il suo amico Jacopo Giacomini, però, è convinto che il carcere gli farà bene, perché (e qui parte la citazione letterale) “adesso anche tu sei pronto a tornare a essere ciò che siamo da sempre: AMORE”. Detto con questa faccia.
La proiezione finisce, partono gli applausi e viene mostrato il video di “Un uomo migliore”, il pezzo che Nicolò Moriconi (mai cambio di vocale e sottrazione di consonante hanno spostato più cose nel mondo) ha dedicato allo stesso Corona. C’è anche un incredibile featuring di Giancarlo Giannini, sì.
https://www.youtube.com/watch?v=ZsvikDeQVrw
Mentre il video scorre, Corona si lancia ad abbracciare amici e conoscenti. E lì cade tutto: tutto il trash, gli anni ‘80, il tiro cafonal, perché quello che si vede è una persona che ha scontato e sta scontando una condanna, che incontra persone che non vede da anni. È un momento brevissimo, che dura meno di un minuto, perché di colpo la corte dei miracoli si rianima e tutti si mettono in fila per un saluto. Dalle biondone scosciate alla famiglia che punta all’inquadratura di cui si parlava all’inizio.
In teoria dovrebbe esserci la conferenza stampa, ma il fatto che Corona non possa rispondere alle domande (è in sala su permesso del magistrato) la fa durare meno di 180 secondi. L’avvocato finto-De Michelis dice che può bastare e manda tutti a casa. Uscendo, ricevo un flyer per un save the date: la presentazione di un prosecco che ha come claim “Corona la tua libertà”.
Siamo solo all’inizio. Solo all’inizio.
p.s. ci si becca venerdì al rebirthing?