Toshokan ha pubblicato Fire! di Hideko Mizuno, un testo fondamentale per capire l’evoluzione del manga.
Droghe, sesso, violenza, abusi sui minori, suicidio e nichilismo, oltre che una buona dose di rock. Di questo, ma anche di molto altro, parla Fire! di Hideko Mizuno, non solo uno dei manga più importanti, nonché rivoluzionari, degli anni Sessanta, ma anche una tappa obbligata per chi, come magari voi che state leggendo questo pezzo, siete curiosi di esplorare questo mondo. Ma facciamo chiarezza. Toshokan porta in Italia per la prima volta questo testo di Mizuno in un’edizione deluxe, stampata in maniera praticamente perfetta, con un ottimo apparato critico, una qualità della carta eccellente e un’impostazione generale che fa capire l’importanza dell’opera (da qui ne consegue un prezzo sicuramente non “low budget” ma giustificato dalla qualità di cui sopra).
Questo manga in due volumi vede per protagonista Aaron Browning, un efebico ragazzo dell’Ohio che, a seguito di un errore giudiziario, si ritrova in riformatorio senza avere commesso il furto di cui è incolpato. Qui incontra una persona che diventerà per lui assolutamente fondamentale, ovvero Fire Wolf, un ragazzo più grande di lui che è la quintessenza del ribelle degli anni Sessanta: appassionato di musica rock e del suonare la chitarra, egli incarna uno spirito di ribellione all’autorità, animato da un desiderio libertario e libertino che si traduce in uno spirito incendiario. Da qui ne scaturisce una trama che vede avvicinarsi i due, anzi vediamo proprio Aaron che via via prova sempre più affetto e riconoscenza, oltre che ammirazione nei confronti di Fire. Per la prima volta l’autrice mette al centro di uno shojo manga, ovvero di un manga per ragazze, insomma, un ragazzo, con chiari rimandi a una possibile/plausibile relazione omoerotica tra i due.
Oltre a questo, come avevo ricordato all’inizio di questo mio pezzo, Fire! è proprio infarcito dell’atmosfera degli anni Sessanta, anni in cui anche in Giappone la musica rock era un po’ il simbolo di una ribellione pressoché totale nei confronti degli stilemi della società creduto genericamente “per bene”. Anche se il manga è ambientato in America (e infatti ci sono diretti rimandi all’arruolamento forzato dei ragazzi per la guerra nel Vietnam) è chiaro e evidenti si possano vedere di riflesso anche caratteristiche della società giapponese. Il nostro Aaron incarna uno spirito puro, un ragazzo potremmo dire “angelicato”, che grazie al suo spirito empatico e mosso dalla bontà riesce, grazie al proprio talento nella musica, a sopraffare lo schifo che ha intorno grazie alla possanza della sua arte. Tuttavia già in questo primo, poderoso, volume non è tutto “rosa&fiori”, anzi. Vediamo molteplici volte abusi sui minori, una concezione della donna ancora arcaica, nonostante via siano già delle figure non convenzionali (anzi ve ne è una che è proprio un personaggio “principale”) e si assiste a veri e propri “party” a base di droghe e sostanze psicotrope, tutte descritte con un tocco levigato e elegante dalla mangaka che via via rende sempre più belli e affascinanti i suoi personaggi.
Vi è anche una linea, molto evidente, di comicità “tezukiana” (non a caso l’autrice dirà che sono state fondamentali le letture all’età di otto anni di due opere dello stesso Osamu Tezuka, ovvero “Shin Takarajima” (“La nuova isola del tesoro”) e il manuale “Manga Daigaku” (“Università manga”) oltre che situazioni un po’ paradossali che però danno ritmo e carattere a un manga che dagli anni Sessanta ci parla ancora in modo forte e chiaro, incendiando i nostri cuori.