Con l’episodio 7 dell’anime DanDaDan dimostra di non essere solo una serie esagerata e folle, ma anche struggente e drammatica.
Chi, come me, segue da tempo il manga di DanDaDan (recentemente ho parlato qui del quindicesimo volume) aveva alte aspettative sull’episodio numero 7 dell’anime e non sono stato deluso. Anzi vedendo le prime, entusiastiche, reazioni dell’episodio in tutto il mondo non sono proprio da solo. Ovviamente, quasi superfluo da ricordarlo, questo pezzo è full-spoiler, quindi se non siete in pari con il manga o con la serie la “certezza del rischio” c’è. Bene, vi ho avvisati, ora ne possiamo parlare.
L’episodio sette racconta, grosso modo il termine della “battaglia” contro l’Acroseta, questo demone/spirito inquietante che ha le fattezze di quella che pare essere una ballerina. “Momo e Okarun affrontano l’Acroseta, mentre Aira è in pericolo di vita. Quando tutto sembra essere perduto, l’Acroseta fa una proposta inaspettata”; questa la stringata sinossi presente su Cruncyhroll. Se chi aveva letto il manga sapeva che in questo punto si toccavano delle vere e proprie vette drammatiche, la versione animata andava incontro a delle sfide non semplici da districare. Innanzi tutto l’Acroseta, per la chioma oltremodo fluente, usata come una vera e propria arma, è particolarmente difficile da animare, dovendo “badare” a tutti quei capelli e poi a livello di sceneggiatura la vicenda così disperata e drammatica di una mamma-ballerina che per il bene della figlia, quasi letteralmente, “si uccide” e che nonostante questo perde il suo unico amore, doveva essere bilanciata con saggezza. E così è stato fatto. La scelta di iniziare l’episodio in maniera unica rispetto a tutti gli altri di DanDanDan, ovvero con quella POV della madre che sgomenta e folle esce di casa sanguinante alla ricerca della proprio bambina, con la vista offuscata e annebbiata e le poche energie ancora rimaste, è subito un colpo a freddo che inchioda lo spettatore alla sedia.
Nel prosieguo dell’episodio, a parte una piccola “ingerenza” della Turbononna e una sessione di scontro contro l’Acroseta ben animata, si abbandonano quasi del tutto i toni farseschi della serie per abbracciare un’esposizione più matura e, giustappunto, drammatica. Ci si concentra sulla vicenda della madre e della figlia, una madre che nonostante faccia molti lavori, pur essendo di fatto una ballerina, non riesce, mai, a far quadrare i conti e per assicurare un futuro alla propria bambina finisce per prostituirsi, come chiaramente si mostra in alcune scene terribili, in cui la si vede “morire” davanti ai nostri occhi, sempre più piegata dalla fatica e dallo schifo di certe azioni, per poi “rinascere” quando, una volta aperta la porta di casa, ritrova l’abbraccio della figlia. La disparità dei colori, freddi e mortiferi quando la mamma è in giro, al lavoro o fuori e caldi e avvolgenti quando è a casa con sua figlia, sono il tratto caratteristico dell’episodio. La puntata numero 7 di DanDanDan gioca, costantemente, su questi due registri, sapendoli dosare con cura: non si vuole “estorcere” il pianto allo spettatore ma le emozioni vengono espresse e trasmesse in modo naturale.
Quando “il protettore” fa irruzione a casa della madre, l’unico spazio riservato e protetto della vita, tutto finisce. La bambina le viene portata via e la nostra giovane madre, dolorante e dolente, esce di casa, in preda alla follia, per ricercare la figlia scomparsa. Qui, casualmente, sarà raggiunta da Aira, un’altra bambina senza madre che, giustappunto, la scambia per il proprio genitore. E qui vediamo una delle scene più struggenti, ovvero la mano della bambina che lascia quella della madre: qui la nostra giovane ballerina non ce la fa più, diventa uno spirito “malvagio” e, almeno nel manga, realizza la sua ultima danza, sul grattacielo di un palazzo, prima di gettarsi nel vuoto. Questa scena, per ragioni di contenuti sensibili, non è stata riproposta 1:1 nell’anime, ma la soluzione adottata, una sorta di “danza sognante” della protagonista, convince, anche se non raggiunge la possanza del fumetto.
Ma è con la parte finale dell’episodio che si raggiunge il picco. Aira, dopo essere stata quasi divorata dall’Acroseta “perché, figlia mia, così potremo stare assieme” è in fin di vita: quando un umano, non dotato di poteri, entra in contatto con un demone, poi muore. L’unico modo, ci dice la Turbononna, è quella di ricaricare la dinamo dell’anima umana, e per farlo serve l’aura della stessa Acroseta. Per farlo, visto che il demone accetta, occorre che Momo, con i suoi poteri psichici, faccia da tramite. E qui, quando Momo mette in collegamento la “figlia” e la “madre” che entriamo nella psiche dell’Acroseta. Conosciamo la vicenda, i desideri e rimpianti di una madre, che non è stata in grado di proteggere la figlia, è vero, ma che non ha mai smesso di amare. Ecco perché l’augurio, di Aira, ma forse anche di Momo o della stessa figlia perduta è che l’Acroseta, anzi la madre, “possa trovare pace in un mondo più felice e gentile”.
Una volta che l’anima dell’Acroseta viene trasferita in quella di Aira, la madre si sgretola davanti ai nostri occhi, eppure, nonostante la tristezza, non c’è disperazione in questi attimi finali. La Turbononna, poco prima, aveva detto che l’Acroseta “sarebbe sparita, visto che senza anima e con i rimpianti, dopo non ci sarebbe stato più nulla, anche il suo ricordo sarebbe scomparso”. Eppure, nonostante l’anima sia stata ceduta, quella trasmissione di sentimenti, ricordi e emozioni non ha fatto dimenticare la figura della ballerina che amava sua figlia. La figlia, Aira ma anche Momo e tutti gli altri non la dimenticheranno. E anche noi non scorderemo la sua danza d’amore. L’abbraccio tra Aira adulta e la mamma che si sta sgretolando un attimo prima della fine che chiude l’episodio è qualcosa di emozionate, meraviglioso e importante.