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di Mattia Nesto 7 Ottobre 2024

Metaphor:ReFantazio: la materia umile e preziosa di cui sono fatte le nostre parole

Con Metaphor:ReFantazio Atlus realizza una delle opere videoludiche più importanti degli ultimi anni. Per noi di Dailybest è il Game of the Year 2024.

Lo stile clamoroso di Metaphor:ReFantazio assetsio.gnwcdn.com Lo stile clamoroso di Metaphor:ReFantazio

Stavo sfogliando La Lettura, inserto letterario de Il Corriere della Sera, mentre facevo una paura da Metaphor:ReFantazio, titolo che SEGA/Atlus mi ha dato la possibilità di giocare con buona anteprima per questa recensione, quando mi sono imbattuto nell’intervista di Mircea Cărtărescu, scrittore romeno famoso per la sua produzione letteraria assolutamente fuori dai canoni, autore di libri-mondo come Solenoide, balzati all’onore delle cronache per il suo stile unico e ricercato, capace di viaggiare in lungo e in largo per il tempo dello spazio e dove la trama è solo “una scusa” per scrivere, scrivere e scrivere ancora. In questa bella intervista insisteva appunto su questo capitale concetto del suo modo di essere un autore di libri: “Quando scrivo non mi interessano tanto i personaggi o la trama o il soggetto. Sono una sorta di impalcatura per l’unica cosa che veramente conta: l’arte della letteratura”. Ecco, queste parole mi hanno immediatamente fatto a Metaphor:ReFantazio, un titolo che, giustappunto, nella sua intima natura di jrpg “stile Atlus” riesce a fondere tantissimi altri sistemi, utilizzando perciò “varie impalcature”, per un’opera videoludica davvero imponente e ammirevole, che ci consegna il gioco dell’anno per la redazione di Dailybest.

La prima cosa che impressiona di questo titolo, come solo i titoli veramente importanti provenienti da una software-house importante sanno fare, è che al tempo riesce ad essere fedele alla linea dei videogiochi precedenti, non soltanto gli ultimi Persona ma anche i Megaten e, perfino, Catherine in un certo senso) ma anche innovare e spingere sull’acceleratore per offrire al videogiocatore un’esperienza fresca e nuova, mai vista prima. Innanzi tutto, dopo averlo provato per circa 40 ore su Xbox Series X (ed essere ben lungi dalla sua conclusione), posso dire che l’impatto estetico è qualcosa di clamoroso. Puntando forte sul concetto di mondo fantasy, Atlus migliora nettamente quanto fatto sia con Persona 5 sia con Persona 4 Reload, con ambienti ricchissimi di dettagli, il “solito” charachter-design clamoroso e, soprattutto, una narrativa-silenziosa che anche nei luoghi si fa sentire. Durante infatti l’esplorazione, ad esempio, di un dato dungeon ho potuto a più riprese farmi un’idea del boss che avrei trovato in fondo osservando con attenzione le vittime che punteggiavano la strada oppure ancora i vari mostri che si incontreranno avranno sempre dei dettagli, ora più palesi ora più celati, che mostreranno i loro punti di forza ma anche i punti deboli. Dal punto di vista poi del combat-system, pure in questo caso è tutto un miglioramento. Atlus ha voluto rendere il combattimento ancora più action, con la possibilità di ingaggiare battaglie rapide e veloci contro i nemici di basso livello (che si possono distinguere da quelli più ostici utilizzando un particolare potere della nostra compagna di viaggio fatata), che si possono fare fuori appunto in modalità action per poi concentrarsi sulle battaglie “classiche”. Quest’ultime hanno tutto un sistema, riuscitissimo, di attacchi per stremare o sorprendere l’avversario prima che ci attacchi e anche la gestione dei turni è sapiente e sempre volta a renderli ritmati e adrenalici.

I più bei menu di questa generazione sono quelli di Metaphor:ReFantazio personacentral.com I più bei menu di questa generazione sono quelli di Metaphor:ReFantazio

Tramite dei menu che sono, ad oggi, i più bei menu di questa generazione, riusciremo sempre ad avere pieno controllo e del nostro party e delle nostre caratteristiche e equipaggiamenti, insieme allo sviluppo dei personaggi che, a questo giro, si potrà fare tramite progressive “capatine” all’Akademia, questa immensa biblioteca-museo in cui, dopo qualche ora di gioco, verremo richiamati dall’enigmatico More, scrittore del libro che portiamo sempre con noi è chiaro riferimento al Thomas Moore autore di “Utopia”. Ecco, non volendo dirvi troppo della storia, posso dire che, come un po’ suggeriva il titolo, la componente letteraria, o comunque libresca, in questo titolo è molto marcato così come quella politica, che è poi l’evoluzione diretta dei social-link dei Persona: se in quest’ultimo caso erano relazioni, diciamo così, amicali o affettive, qui in larga misura si tratta di relazioni volte a conseguire maggiore consenso da parte del nostro protagonista, occupato in una sorta di Ranking of Kings in salsa videoludica per ambire al trono del regno.

Come lasciava trasparire la demo rilasciata qualche tempo fa (per altro una delle demo più estese e approfondite degli ultimi anni), il livello di sfida, almeno a livello normale (quello che ho utilizzato io), è tarata abbastanza verso il basso (per capirci siamo più dalle parti di un Persona rispetto che da quelle degli Shin Megami Tensei) con però delle trovate che ho particolarmente apprezzato. Infatti quasi ogni “livello”, in particolare dungeon, vede la presenza di qualche sfida opzionale. E non mi sto riferendo a incarichi secondari, che ci sono ma non è il punto, quanto piuttosto di nemici particolarmente ostici da affrontare che però se si riusciranno a battere, sbloccheranno dei premi succulenti. Ad esempio, nelle prime battute di gioco, il nostro party si imbatterà in un drago dormiente. Nonostante i nostri compagni ci avvertiranno che “non è un avversario del nostro livello”, il gioco anticipa il fato che “si potrebbe magari non battere ma basterebbe scacciarlo per raggiungere quel baule posto dietro di lui”. Ecco che armato di pazienza, e di una buona dose di coraggio, mi sono approcciato allo scontro e, una volta scacciato il drago, ho ottenuto uno spadone potentissimo che potrà essere ancora più potenziato. Insomma: grandi rischi, grandi premi.

Il primo boss di Metaphor: ReFantazio  Il primo boss di Metaphor: ReFantazio

Metaphor: ReFantazio è, senza ombra di dubbio alcuno, una grande opera, che presenta sì delle sbavature un po’ strane (alcuni cali di ritmo, figli di certe meccaniche un po’ vetuste – come le safe-room nei dungeon – che spezzano troppo l’immedesimazione di gioco), ma che ha dei punti di eccellenza talmente luminosi da avermi abbagliato a più riprese. La qualità dei dialoghi, che passano da una certa semplicità delle prime ad “inspessirsi” sempre più, il design dei nemici che sembrano essere usciti da un dipinto di Hieronymus Bosch (e in alcuni casi sono citazioni dirette), la bontà di un combat-system divertente e granitico nelle sue meccaniche unito a delle ost indimenticabili, nel più puro stile Atlus, non possono che rendere questo titolo il videogioco dell’anno 2024 e meritarsi un 9.5 talmente meritato da risultare quasi “stretto”. Se infatti dal punto di vista “meramente” grafico non stiamo parlando di una grafica spacca-mascelle, l’estetica è, ad oggi, la cuspide di Atlus. E fare meglio di Persona 5 e 3 Reload non era facile, anzi era quasi impossibile. Ecco spiegato il perché, per il titolo, “ho dovuto” scomodare nientepopodimenoche il poeta Giorgio Manganelli. Ora mi viene un dubbio: chissà che Mircea Cărtărescu conosce Metaphor:ReFantazio, nel caso, sono convinto, lo amerebbe alla follia.

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