La regia e la narrazione raggiungono dei vertici impensabili (e impensati) in FF16.
A una manciata di ore dalla conclusione FF16 mi pare sempre di più come un titolo importante, anzi importantissimo nel gaming contemporaneo al di là del brand Final Fantasy. Dopo infatti aver analizzato in modo approfondito il suo combat-system in questo pezzo, mi concentrerò ora sul tipo di narrazione e sulle scelte di regia. Prima di iniziare voglio però tranquillizzarvi: non vi saranno anticipazioni di importanti svolte di trama ma la mia sarà un’analisi di tipo tecnico, andando a concentrarmi sugli elementi che mi fanno dire come FFXVI possa raggiungere una votazione di 8.8.
Dicevo della sceneggiatura. Allora il tipo di scrittura di FF16 può essere per molti qualcosa di troppo derivativo da altre opere, come le già citate Attack on Titan o Games of Thrones, tutte influenze palesi e manifeste tuttavia mi pare che ciò più che un difetto sia, semplicemente, una caratteristica di un tipo di scrittura volta, al tempo stesso, a rendere più spettacolari possibile le situazioni messe in scena ma anche impegnato a rendere il tutto maturo e declinato verso un sistema in ogni azione e mossa da motivazioni e conseguenze. Proprio questa scrittura matura e adulta, così lontana dalle ultime interazioni del brand FF, mi ha non solo convinto ma fatto proprio innamorare. Rifuggendo dai classici e malcapitati spiegoni tipici di numerosa narrativa di stampo anime/manga ma anche di brand occidentali, i personaggi vengono raccontati anche con sguardi, ammiccamenti e gesti non verbali, fornendo giustappunto a loro una dimensione di persone e non di meri personaggi/macchiette buone per far andare la trama di per sé.
Questo tipo di narrazione impone, lo voglio dire con chiarezza, un surplus di attenzione da parte dello spettatore che non riceve la solita ondata di informazioni ma che deve se non andare a cercarle, alla stregua di un Souls, quantomeno ricercare non soltanto nei dialoghi su schermo. Un’altra scelta, a mio avviso, di grande, grandissima classe è la regia. Francamente, al di là di certi momenti delle opere di Hideo Kojima, non si era mai visto una regia così tanto cinematografica in un titolo di questo genere. Per fare un esempio molto netto, un The Last of Us – Part II, pur nella sua iconicità, presenta un tipo di regia e delle inquadrature molto più tradizionali rispetto a FFXVI che non ha mai paura di osare e sperimentare, giocando, ad esempio, con i riflessi dei volti dei protagonisti su liquidi vari come il vino oppure utilizzando la brutalità delle morti come tecnica narrativa che indica la crudezza delle scene messe su schermo. Ecco perché sceneggiatura (scrittura in generale) e regia sono comparti realizzati in modo sublime in FFXVI che lo rendono uno dei grandi giochi del nostro tempo.