High on Life, nato dalla mente di Justin Roiland (co-autore di Rick and Morty) è un fps psichedelico e scritto in modo unico.
Nonostante un disinteresse, da parte della critica, che sfiora il ridicolo, High on Life è un titolo che non solo merita di essere trattato su queste pagine ma uno dei migliori esempi, in questo 2022, di direzione artistica forte in “contrapposizione” con un game-design se non proprio debole quanto conservativo. Ma andiamo con ordine. High on Life, nato dalla mente di Justin Roiland (co-autore di Rick and Morty) è un fps che dire psichedelico è dire poco: visto che l’innesto della narrazione è un’invasione del nostro Pianeta da parte di creature aliene che hanno come obiettivo quello di ridurre i terrestri a…droghe, capisce bene il motivo.
Ma tutta la trama, la sceneggiatura ed anche la scrittura è sopra le righe in High on Life ed è proprio questo il suo valore più grande, oltre che a una direzione artisticamente sicuramente bella da vedere e che strizza all’occhio a una specie di versione, giustappunto, sotto acidi di Ratchet & Clank per capirci. Nelle circa dieci ore dell’avventura, infatti, questo fps si dimostra sempre una battuta continua, una situazione assurda dopo l’altra, un momento psichedelico e coloratissimo dietro l’altro. Il giocatore è, alle volte, quasi “sommerso” dai banter che, senza soluzione di continuità, i nostri compagni di avventura, una pistola aliena e un coltello spaziale, si scambieranno tra di loro e con noi, oltre che i vari npc che via via incontreremo. E, come detto in precedenza, è proprio questo l’aspetto più brillante di High on Life: l’avventura del “babbo” di Rick&Morty è uno dei, va detto, rarissimi titoli che ti fanno ridere di gusto oltre che spingere sempre più là il confine del politicamente corretto.
Se quindi la direzione artistica e la scrittura, forse solo un pelino ridondante, si segnalano per l’ottimo livello, questo giudizio oltremodo positivo non si può dare anche per il gameplay. Intendiamoci: come fps “puro” High on Life funziona in modo zoppicante, con boss-fight non sempre ispirate (come ad esempio la prima), un gunplay non esaltante e alcuni enigmi ambientali che paiono, pari pari, presi da un videogioco degli anni Novanta. Eppure, nonostante questo, High on Life è un gioco che ti trascina dentro, perché è troppo divertente intraprendere quest’odissea lisergica. Il voto complessivo, perciò, non può essere inferiore a un 7.7, al netto di un impianto di gameplay che, sul serio, poteva essere nettamente migliorato con pochi, piccoli tocchi creativi.
Disponibile nel catalogo di Game Pass di Microsoft è, ovviamente, un videogioco che vi consiglio, specie in questo periodo di feste: cosa c’è di meglio di una partita con il cugino che studia lontano a base di battute salace e momenti che creeranno imbarazzo a tutta la famiglia?