L’ultima edizione del Festival di Berlino è passata un po’ in sordina. Vuoi per la totale virtualità delle proiezioni, vuoi per la mancanza di nomi italiani nel concorso, non se n’è quasi sentito parlare fino alla riapertura delle sale. Il 29 aprile infatti è uscito il film vincitore della Berlinale 2021, Bad Luck Banging or Loony Porn, del regista rumeno Radu Jude. La trama in sé è molto ridotta, e ruota intorno ad un episodio di revenge porn. Emi, un’insegnante di scuola elementare, viene messa su un simbolico banco degli imputati dai genitori dei suoi studenti perché un suo video porno amatoriale è stato diffuso contro la sua volontà, facendo il giro del web in poche ore. A partire da un soggetto basato su un singolo episodio Radu Jude ha costruito un’epopea tripartita dai toni sarcastici e amarissimi, che si addentra nei meandri della società rumena contemporanea.
Dopo la visione integrale del sex tape, oggetto intorno al quale la sceneggiatura ruota, una baldanzosa musica francese e uno sfondo color rosa shocking investono lo spettatore, annunciando l’inizio del primo capitolo della pellicola: “Strada a senso unico”. La camera segue Emi per le strade di Bucarest, intercettando momenti di ordinaria psicosi della capitale rumena. Il cielo è limpido, ma il sole è opaco e tira una brutta aria. Tutti sembrano presi da un’isteria collettiva, in fila alla cassa del supermercato o in un posteggio accanto al marciapiede. Protagoniste sono le vie della città, aspre ed enormi, animate da una fame che inghiotte le persone. Emi viene spesso persa di vista dalla camera, che indugia su dettagli architettonici di per sé molto eloquenti riguardo a quello che la maestra dovrà affrontare tra qualche ora.
Il secondo capitolo “Breve dizionario di aneddoti, simboli e meraviglie” lascia abbastanza attoniti. Lo stile cambia radicalmente, ed inizia a susseguirsi sullo schermo una carrellata interminabile di “cose”, tutte numerate, senza apparente motivazione riguardo l’ordine. In questa sorta di lemmario su ciò che ha costituito la coscienza collettiva della Romania approdata nel 2020 sentiamo parlare di eventi del passato, eventi del presente, parecchie tematiche sociali per come sono percepite dal sentire comune nazionale, personaggi famosi, oggetti. La descrizione è affidata ad immagini di qualsiasi provenienza: fotografie e filmati di repertorio, animazioni, documenti scritti, video girati con lo smartphone, ma anche qualche ripresa didascalica fatta ad hoc in set esplicitamente costruiti. E durante questa tempesta iconografica una voce che trasuda ironia recita a pappagallo citazioni di qualunque autore, innescando un gioco alternato di analogia e contrasto tra audio e video.
Questa sezione centrale, estenuante e apparentemente inspiegabile, assume senso durante la visione del terzo capitolo, “Prassi e allusioni (sitcom)”, dove finalmente Emi subisce il processo dalla pletora dei genitori della classe. Le informazioni che sono arrivate a raffica fino a poco fa sono semplicemente lo strumento ermeneutico per provare a entrare negli schemi di ragionamento di queste persone. Dopo aver umiliato la maestra mostrando il video incriminato a tutti i presenti, i presenti iniziano una discussione volta semplicemente ad ottenere il licenziamento di Emi. A poco servono le sue parole, e soprattutto nessuno arriva a capire che non solo lei non è colpevole di nulla, ma è vittima di un reato. Il dibattito continua a spostarsi, in primis su questioni ridicole e agghiaccianti come la rispettabilità di una donna che pratica la fellatio, per poi far emergere il lato oscuro di tutti i personaggi coinvolti: antisemitismo, filo-fascismo, sessismo, stigma sulla prostituzione e via dicendo. La fotografia piena di colori fa crescere la sensazione di star assistendo a uno spettacolo effettivamente divertente per tutti i coinvolti, col l’eccezione di una sola persona, Emi. Arrivati al momento della votazione il continuum narrativo si interrompe nuovamente, per lasciare spazio a tre finali alternativi. Qui avviene l’apoteosi, il momento di grazia con cui il film dà il colpo di coda conclusivo, lasciando lo spettatore a rimuginare su ciò che ha appena visto.
Bad Luck Banging or Loony Porn non è soltanto una stoccata nel fianco di una società che non si rende conto di essere già sanguinante. In queste due ore scarse di delirio Radu Jude dà una prova di maestria narrativa, esplorando stili agli antipodi – il cinema verità dell’inizio, lo pseudo documentario educativo, ed infine la commedia caustica di derivazione televisiva, che ricorda per certi versi il talk show – creando un racconto più che convincente e radicato nelle brutture dell’attualità non solo rumena, lasciando a noi il compito di assemblare i pezzi. Potrebbe essere una sopravvalutazione dello spettatore del 2021, la cui soglia dell’attenzione è crollata drasticamente, e allo stesso tempo una sfida coraggiosa, per riconquistare in modo scomposto la fiducia del pubblico del cinema, affinché torni ad avere una certa autonomia interpretativa della settima arte. Senza aver paura di immergere il suo film nell’iper-attualità, in cui il Covid-19 è diventato parte della vita quotidiana, e la gente gira con la mascherina sul volto, Radu Jude ha deciso di stimolare il nostro senso critico di animali forse non più sociali e di certo sempre più poveri di empatia. Lo ha fatto con punture più o meno profonde. Fanno quasi tutte ancora male.