La posizione eretta ha comportato la perdita della pelliccia che ci ricopriva quando eravamo ancora primati, lo sviluppo del linguaggio, una modifica della mascella, ora più adatta a proferir parola che a masticare carni crude. La storia del progresso è antica come l’uomo, anche a livello sociologico, si è sempre basata sull’assunto del rapporto costo-benefici. Ogni cambiamento, per quanto in meglio, necessità un salto nel vuoto, ogni passo verso l’evoluzione comporta l’abbandono di una tradizione cui, volenti o nolenti, eravamo affezionati.
Ragionassimo così saremo ancora relegati all’immaginario dei nostri nonni, all’epopea delle imprese di Mazzola e Rivera contra la Germania, rese leggendarie dal racconto in radio di Enrico Ameri, epiche, in un’ideale prosecuzione della cultura orale omerica. E cosa c’entra tutto questo preambolo col calcio. C’entra, perché a tener banco negli ultimi giorni, più di ogni discussione sul vaccino, più delle rivolte in Myanmar e qualsiasi gossip sull’Isola dei Famosi, è la questione dei diritti televisivi. Un passaggio che, senza esagerare, potrà rivelarsi fondamentale per il futuro della Seria A ma anche, e soprattutto, per quello della nostra nazione.
Partiamo riassumendo brevemente la situazione. I diritti televisivi delle partite di calcio sono venduti per pacchetti annuali. Dal prossimo anno, per il triennio 2021-2024, la Serie A, che per 18 anni era stata partner di Sky, passerà a DAZN che si è accaparrata i diritti di 7 partite per turno su 10 per una cifra folle, invertendo i rapporti di poter col colosso americano della pay tv. Per le squadre più grandi che partecipano a diverse competizioni, la spartizione dei diritti sulle varie piattaforme si concretizza in un maggior introito, necessario per competere con le realtà inglesi e quindi potere pagare gli stipendi di calciatori che aumento l’appeal del campionato. D’altro canto, gli abbonati tifosi delle big del campionato (almeno 20 milioni di persone considerano solo i primi 4 team) per seguire la propria squadra su più fronti saranno costretti a pagare almeno due abbonamenti. Più il canone Rai, sulla quale si disputa la Coppa Italia, in attesa di ulteriori aggiornamenti sulle dispute legali tra Sky e DAZN che potrebbero prevedere un intervento di Amazon e Mediaset.
E poi ovviamente serve una connessione internet, possibilmente decente. E ora che DAZN si appresta a diventare la prima piattaforma italiana per quanto riguarda il calcio, non può più permettersi i disservizi ed i ritardi nello streaming che ne hanno caratterizzato il debutto (motivo per il quale si è rivolta a Tim, che ha in Vivendi uno dei suoi azionisti di maggioranza, proprio come Mediaset). Se da una parte, con la chiusura degli stadi, era logico aspettarsi un rincaro degli abbonamenti televisivi, dall’altra DAZN ha promesso quello che un colosso del digitale dovrebbe promettere: una maggiore accessibilità sia a livello tecnico che di costi. La spartizione dei diritti televisivi e l’esportabilità del campionato sono temi che, negli ultimi anni, hanno mutato fortemente l’aspetto della Seria A, a partire dalla distribuzione “a spezzatino” delle partite che si svolgono dal venerdì al lunedì seguendo, com’è noto, il modello inglese. Un espediente che, oltre a togliere gran parte del pathos, incide ulteriormente sulle tasche degli abbonati che spesso non possono recarsi allo stadio per motivi lavorativi. Se da un lato la società di Blavatnik triplicherà il prezzo dell’abbonamento (in corrispettivo con la nuova gamma d’offerta più varia), dall’altro non è dato sapere se Sky ridurrà il costo del suo (plausibilmente tenterà di integrare il pacchetto con nuove discipline). Le competizioni infatti sono molte -Seria A, Champions ed Europa League, i campionati esteri, quest’anno gli Europei e il prossimo i mondiali-, una situazione che costringe tutti gli utenti ad un complicato Tetris per scegliere l’abbonamento più adatto alle proprie esigenze. Una panoramica che diventa ancor più complessa dovessimo tener conto di tutti gli altri sport (Formula 1, Moto Gp, NBA, UFC e chi più ne ha più ne metta). Il “modello Netflix” può funzionare applicato agli sport, e quindi ad eventi di natura nazional popolare ed estremamente legati alla fruizione dal vivo? Certo, quando, proprio come la televisione ha fatto con la radio, anche internet in Italia avrà raggiunto la diffusione delle parabole e dei decoder. Quella del digitale è una rivoluzione che corre di pari passo con la battaglia ai contanti, negli strati più anziani della società, dimostra tutta l’inadeguatezza della nostra nazione.
Vi siete mai chiesti perché il primo lockdown è stato il più pesante? Perché si era fermato anche il calcio. Che voi siate tifosi o meno, la stasi del campionato era il primo sintomo dell’immobilità di tutto il Paese. Il calcio influisce prepotentemente in diversi strati della società, e non è un caso che Margaret Thatcher abbia iniziato la sua rivoluzione politica proprio ripulendo gli stadi, impostando, già negli anni 90, le basi per il modello della Premier League che da almeno un decennio – senza avere i soldi, gli strumenti, gli stadi e, in questo caso, la fibra ottica- proviamo a imitare. Come sarà il nuovo palinsesto? Dovremmo abituarci a vedere (ancora) più spesso Diletta Leotta? Come cambierà la fruizione del post partita? Quella di DAZN è una rivoluzione che renderà il calcio più accessibile o l’ennesimo tentativo di svilire la componente popolare e pittoresca di questo sport per trasformarlo in una moda sempre più borghese, redditizia e dedita esclusivamente all’ambito domestico? Lo scopriremo solo col tempo (ma se non avete soldi potete continuare a godervi le partite con la lavagnetta di QSVS).
Nel mio paese, un comune di poco più di 5000 abitanti nell’avanzatissima e ricca Brianza, la fibra doveva arrivare da almeno 3 anni. I lavori per la posa dei cavi non hanno fatto altro che interrompere a più riprese la già scarsa connessione di un servizio che non è mai partito. Nell’anno in cui la necessità del lavoro da casa il tema del south-working è tornato a spopolare, sono pronto a scommettere il calcio sia la scintilla necessaria a far scattare la tanto agognata rivoluzione digitale. Un lag mentre la professoressa parla durante la lezione in DAD non ha mai fatto male a nessuno, ma non oso immaginare cosa potrebbe succedere si dovesse bloccare lo streaming durante il rigore decisivo dell’Italia agli Europei…