Il primo contatto con il kombucha l’ho avuto 5 anni fa in un bellissimo road-trip con la family lungo tutta la West-Coast americana. All’epoca (2014), in tutta la California e Oregon il kombucha era LA bevanda del momento. Venduta a tutti i mercatini hipster bio organic, pubblicizzata su fanzine e riviste come Inc. e Fast Company, proposta come la cura a tutti i mali (e se non a tutti tutti almeno a quelli legati a digestione&similia). Era impossibile non venire incuriositi e incoraggiati all’assaggio. Detto, fatto. Chiedendo informazioni, ci era stato spiegato che stavano nascendo tante brewery di kombucha artigianali come qualche anno prima era successo con i microbirrifici. C’erano interessi e soldi che iniziavano a girare (oltre al benessere). Lo avevamo assaggiato, non ci era particolarmente piaciuto, ma nelle lunghe tratte sulla Route 101 avevamo fantasticato, una volta tornati, di lanciare un mini-business in Italia (all’epoca completamente ignara di Kombucha&affini). Non se ne era fatto nulla ovviamente, ma la curiosità, come spesso fa, era rimasta lì ad aspettare la sua occasione.
Avanti veloce fino al 2019.
Esce per L’ippocampo editore ‘Kefir, Kombucha & Co.’, un bel libretto di 160 pagine dalla consueta ottima grafica pop, pieno di foto cool ed esplicative in cui gli autori Nina e Sebastian, ovvero una coppia di giovani francesi che hanno realizzato per davvero il piccolo business (Lokki Kombucha, nel sud della Francia) di cui fantasticavamo in quel settembre on the road del 2014.
Sfogliando questo libro, in cui non si parla solo di Kombucha ma anche di Kefir e altre bevande fermentate dal mondo, la curiosità torna a galla. Decido di provare a fare il mio Kombucha. Dopo due tentativi fallimentari in cui faccio praticamente tutti gli errori che si possono fare (dopo averlo preso su eBay lascio lo Scoby chiuso sotto vuoto per 1 mese prima di decidermi a iniziare – non fare raffreddare il the prima di metterci lo Scoby – non sterilizzare bene il contenitore di vetro – mettere il tutto a fermentare in un ambiente non propriamente sano, etc etc). Ci riprovo con l’aiuto da casa, diciamo così, e le cose -ovviamente- funzionano. Dopo 7 giorni di fermentazione (ma si può arrivare a 10 se si vuole un gusto più acido), tutto va come deve andare e imbottiglio e aromatizzo il mio kombucha seguendo le indicazioni del libro passo a passo (è davvero di una semplicità estrema). Sono così orgoglioso delle mie prime 3 bottiglie in frigorifero che non vedo l’ora di berle e portarle in redazione.
Bene. Da un paio di mesi in redazione è scoppiata la Kombucha-mania: doppio appuntamento (metà mattina e metà pomeriggio) con un bicchierino di Kombucha fresco di mia produzione. Ogni settimana si mette in produzione il kombucha della settimana successiva.
Dopo alcune bottiglie e prove (zenzero&curcuma, limone&lavanda, cardamomo) il più apprezzato al momento rimane quello aromatizzato limone & anice stellato.
COME SI PREPARA IL KOMBUCHA?
Per iniziare con la vostra produzione l’unica cosa che vi serve è lo Scoby (Symbiotic Colony of Bacteria and Yeast ), ovvero la coltura probiotica (la madre) che fa partire la fermentazione. Non abbiate paura e non impressionatevi, al tatto come vedete nel video sotto non è proprio fantastico. La cosa bella è che a ogni giro di fermentazione la vostra madre produrrà 1 figlio (che potete staccare per iniziare un’altra cultura).
Dove posso trovare lo Scoby per Kombucha? Lo Scoby per il vostro Kombucha lo potete comprare su ebay o su Amazon, o farvelo dare da qualche conoscente (scriveteci se siete di Milano, possiamo organizzarci per darvi qualche figlio del nostro).
Dopodiché troverete tutto quello che vi serve, strumenti e quantitativi ingredienti nel libro
Kefir, kombucha & Co.
Preparare le proprie bevande probiotiche naturali
a cura di Lokki, illustrazioni di D. Japy
160 pagine
Editore: L’Ippocampo