Gli italiani sono da sempre un popolo di espatriati: solo nel 2018 sono partiti 120 mila italiani, mentre i rientri sono stati appena 47 mila. Le ragioni che spingono all’espatrio sono di diverso tipo: nei periodi di crisi economica, sono da attribuire alla necessità di trovare opportunità migliori all’estero. Una scelta che non si può biasimare e che spesso comporta alcuni inevitabili sacrifici. Per rendere questo momento di passaggio meno traumatico per chi parte, ci sono una una serie di accorgimenti da adottare e sintetizzati nel manuale dell’espatriato.
Prepararsi alla partenza
La preparazione alla partenza è sicuramente una delle fasi più delicate da affrontare sia a livello pratico che emotivo. Da un lato, infatti, si devono preparare i bagagli e sbrigare tutta una serie di delicate pratiche burocratiche. La cosa migliore in questa fase è adottare uno spirito propositivo e organizzarsi in maniera funzionale così da avere la situazione sotto controllo. La parola chiave qui è appunto “organizzazione”. Infatti, il trasferimento verso un paese estero non è un impegno da prendere alla leggera e comporta il disbrigo di tutta una serie di pratiche, nelle quali ci si può far supportare da realtà specializzate in traslochi internazionali come nel caso di Bliss Moving & Logistics. D’altra parte, una scelta così importante non può essere influenzata da ripensamenti e momenti di scoraggiamento poiché gli aspetti burocratici da sistemare sono davvero tanti e non ci si deve lasciar andare a facili sentimentalismi.
Integrarsi nel contesto socio-culturale
Una volta curata la fase prima della partenza e affrontato il viaggio, arriva il momento di prendere confidenza con la realtà del paese di arrivo. In questo frangente la parola d’ordine è “integrazione”. Quando ci si cala in una dimensione diversa bisogna, infatti, sapersi integrare e per farlo in maniera più rapida ed efficace possibile ci sono una serie di punti su cui lavorare. Il primo è imparare bene e il più rapidamente possibile la lingua del posto perché, anche se i primi tempi ci si può arrangiare con l’inglese, fa bene sotto molti punti di vista e crea le basi per un dialogo più profondo. La seconda cosa è imparare a conoscere bene il luogo in cui ci si è trasferiti e le sue caratteristiche, esplorandolo meticolosamente da cima a fondo per riuscire ad orientarsi. Il terzo punto, indispensabile, consiste nell’abituarsi alla vita locale facendo propri usi, costumi e abitudini. Uscire la sera, partecipare agli eventi culturali, coltivare amicizie e intrattenere relazioni con la gente del posto sono tutti aspetti funzionali a una piena integrazione. Alla fine, infatti, la cosa che più conta è ricostruirsi una vita sociale che sia in linea con la nuova realtà, senza rimuginare troppo su quello che si è lasciato nel paese d’origine.
Sopravvivere alla cucina estera
Un grande ostacolo, che occorre affrontare con determinazione quando ci si trasferisce all’estero, è quello delle abitudini alimentari, soprattutto per chi è abituato alla cucina mediterranea. Qui la parola d’ordine da tenere sempre a mente è “adattamento”. Solitamente l’atteggiamento tipico di un italiano all’estero in riferimento alla cultura gastronomica locale è peculiare. Si va dai tradizionalisti estremi, che mangiano solo a casa e si preparano sempre la cena, ai coraggiosi mangiano sempre fuori e provano di tutto. Tra questi due comportamenti sicuramente indovina chi coniuga le due tendenze, aprendosi alle usanze locali ogni volta che è possibile, ma mantenendo al contempo un legame con la cultura di origine. Una buona idea, infatti, è di aprire casa propria agli ospiti, connazionali o meno, magari preparando una cena tipica italiana come può esserlo una spaghettata, occupandosi in prima persona di tutto. Dovrebbe uscire di più chi, invece, essendo incapace di trovare un equilibrio domestico, si è abituato a consumare cibi pronti davanti alla tivù. Mentre vince certamente chi si integra al punto da diventare un insospettabile indigeno, navigando senza problemi tra ristoranti di ogni tipo ed etnia.