Quando trovate qualcuno che ha condiviso l’articolo di Sci-techuniverse dal titolo Marijuana Contains “Alien DNA” from Outside of our Solar System, NASA Confirms, probabilmente si tratta di un utente social che non legge gli articoli oppure che vuole trarre in inganno proprio voi che abboccate a tutte le notizie sensazionalistiche che trovate su Facebook.
L’articolo infatti non parla di una sedicente erba contenente DNA alieno proveniente dall’esterno del sistema solare, né della conferma della NASA. Fosse vero, ogni testata giornalistica della Terra dovrebbe ammettere l’esistenza degli alieni, Trump avrebbe già affermato in conferenza stampa che con l’aiuto di Putin e di Dio avrebbe conquistato anche lo spazio per portare la democrazia ai popoli alieni e farli smettere con l’erba della morte.
No amici, il titolo fake serve da cartina tornasole per vedere come funziona la fruizione delle notizie online, per constatare quanti utenti leggano veramente il contenuto dietro il titolo e quanti invece si limitano alla condivisione ottusa, senza approfondimento.
Non è certo la prima volta che esperimenti del genere vengono fatti, si pensi all’articolo del 2014 dal titolo “Perché gli americani non leggono più”, che era a tutti gli effetti un pesce d’aprile e aprendo l’articolo lo si capiva chiaramente, eppure tutti condividevano la loro opinione senza neanche leggere il pezzo. Altre volte è capitato che scherzi del genere producessero una statistica terribile: il 59% delle persone che ha condiviso la notizia fake sull’asteroide che avrebbe colpito la Terra causando una distruzione di massa, in realtà non avevano letto la notizia.
Anche in Italia il quotidiano online Udine Today ha fatto un pezzo col titolo contenente errori grammaticali e la spiegazione dello scherzo nel corpo dell’articolo, per vedere cosa sarebbe successo: una pletora di commenti sul titolo, pochi che si sono resi conto della burla.
Non siamo così ingenui, sappiamo che i test servono anche per far fare traffico ai siti con fake news create ad arte, ma almeno quelle di cui vi stiamo parlando lo sono per una buona causa: dimostrarci che non siamo più abituati a leggere.