L’immigrazione è tornata ad essere un tema centrale nel dibattito pubblico e politico in seguito all’operazione mediatica #chiudiamoiporti ed alle dichiarazioni di Matteo Salvini; sia i consensi che le prese di posizione opposte stanno facendo sì che la Lega cresca nei sondaggi. Fintanto che l’immigrazione sarà solo un pretesto per schierarsi da una o dall’altra parte, sarà Salvini a guadagnarne in visibilità e consenso, se si vuole contrastare la politica razzista bisogna guardare la realtà ed essere pronti alle conseguenze.
L’immigrazione è un problema (numeri)
Gli sbarchi di immigrati negli ultimi mesi sono calati drasticamente, non è certo merito di Salvini e dei suoi slogan, la diminuzione infatti è in corso dall’estate del 2017, ma questo dato non ci dice che va tutto bene, non ci dice che l’emergenza sbarchi è solo propaganda razzista, perché questo dato preso singolarmente non ha un grande valore, non tiene conto di quanti immigrati sono arrivati e rimasti in Italia negli anni precedenti (tra il 2014 ed il 2017 sono arrivate più di 600mila persone, a parte la Grecia nessun altro paese europeo ha dovuto gestire questi numeri). Dal 2016 in poi, Francia ed Austria hanno di fatto chiuso le proprie frontiere, bloccando i migranti in Italia. La redistribuzione dei richiedenti asilo decisa dalla Commissione Europea ha fallito, la maggior parte dei paesi ha accolto poche decine di persone ed alcuni paesi non hanno accolto nessuno.
Se è vero che il numero percentuale di stranieri in Italia è inferiore a quello di altri stati europei, e che il numero di richiedenti asilo in rapporto agli abitanti è simile a quello di altri paesi, non si può negare che un flusso continuo di sbarchi concentrato in pochi anni, in un singolo paese, sia un problema. Anche negare un legame tra immigrazione e criminalità è errato. Se è vero che nonostante l’aumento degli immigrati negli ultimi anni c’è stata una diminuzione dei crimini denunciati, è anche vero che circa il 50% di alcuni reati come furti e rapine sono commessi da stranieri, e sono proprio quel tipo di reato che incide di più sulla vita quotidiana e privata delle persone, quello che fa aumentare la percezione dell’insicurezza. Negare alcune evidenze significa preparare un terreno fertile per i messaggi di Salvini.
Salvini è un problema (comunicazione)
Se contrastare i messaggi di Salvini è difficile, contrastarne lo stile comunicativo è ancora più complicato. La Lega ha spesso amplificato rancori e paure di molti italiani usando toni fieramente ignoranti ed aggressivi, oggi Salvini ha superato questa fase ed ha raffinato la sua retorica e la sua immagine. Si presenta come un padre di famiglia, con idee semplici e di buonsenso, un po’ più in alto del cittadino-parlamentare del M5S ed un po’ sotto la figura dell’uomo forte al comando alla Silvio Berlusconi. Usa una retorica che non può essere presa di petto perché il suo messaggio è spesso sfuggente e schizofrenico, i migranti sono vittime quando partono ma sono criminali quando arrivano in Italia. Attacca la massa indistinta ma fraternizza con il singolo immigrato incontrato in strada, più semplicemente, Salvini è volutamente ambiguo. Se si analizzano due idee ricorrenti, “aiutiamoli a casa loro” e “meno persone si imbarcano meno persone muoiono in mare”, si può notare come siano semplici ma stratificate. Sono idee apparentemente di buonsenso con una doppia faccia ed una doppia lettura, hanno sia un contenuto razzista che un contenuto buonista, ognuno prende da questi messaggi il contenuto che preferisce in base all’utilità, in un tacito accordo nel quale ognuno finge che il messaggio vero sia sotto la superficie, lo fa il razzista che gioisce della morte dei migranti in mare e interpreta questa frase come una strizzata d’occhio, ma lo fa anche chi i migranti li vorrebbe accogliere, accusando Salvini di essere razzista e scivolando in terra quando lui fa un passo di lato e schiva l’obiezione appellandosi al buonsenso di queste frasi/slogan. Il buonsenso è solo apparente, come dire “se non nasci non muori”, ma la costruzione retorica di Salvini non viene mai smontata perché si è impegnati a prendere una posizione netta. L’immigrazione, infatti, è un tema che divide ed ognuno lo usa per distinguersi dagli altri, ed è questo il momento esatto nel quale Salvini diventa vincente, perché così non si affronta mai il tema dell’immigrazione, e si parla invece di noi e della nostra posizione rispetto all’immigrazione.
Noi siamo un problema (riflessioni)
Parlare di immigrazione di massa significa prendere atto delle sue problematiche, ma anche delle sue origini, significa raccontare cosa è stato il colonialismo, quali sono le dinamiche della globalizzazione e dello sfruttamento delle risorse dei paesi più poveri del mondo. Significa cercare di capire se il benessere è un gioco a somma zero, nel quale se qualcuno sta meglio è perché qualcun altro sta peggio, significa capire se e quanto vogliamo rimettere in discussione il nostro benessere, i nostri modelli di consumo e la nostra economia. Sono temi così grandi che, non solo noi come singoli ma anche noi come nazione, non abbiamo il potere di incidere su queste dinamiche, e quindi prendere posizione contro Salvini è spesso un modo per lavarsi la coscienza.
Non possiamo dire “vi abbiamo sfruttato e depredato ed ora dovete pure arrangiarvi e lasciarci stare”. Non dovremmo neanche fare accordi con la Libia (li aveva fatti Berlusconi, li ha fatti anche il governo Renzi) per controllare le partenze, perché lì i migranti vengono torturati in veri e propri campi di concentramento. Dobbiamo salvare chi affronta l’Odissea di un viaggio in mare. Dobbiamo accettare il fatto che l’immigrazione ci farà stare peggio, che dovremo impiegare risorse per mantenere in condizioni umane i richiedenti asilo, che l’integrazione è lunga e difficile. Dobbiamo imparare che in questo momento in Europa siamo soli, che non abbiamo la forza per cambiare il trattato di Dublino. Dobbiamo sapere che dovremo mantenere il nostro benessere continuando a sfruttare i paesi poveri, o impoverirci aiutando chi abbiamo sfruttato. Dobbiamo capire che siamo tutti complici di averli costretti a partire, anche chi non tace è complice. Non ci si lava la coscienza con una foto con il logo Benetton o con una copertina arcobaleno di Rolling Stone, e neanche con un articolo su Dailybest.