Il mondo dell’audiovisivo sta cambiando velocemente, ma non tutto ciò che gravita intorno all’audiovisivo sta mantenendo lo stesso ritmo. Mentre il concetto di cinema si trasforma ripensando la propria distribuzione, il Festival di Cannes fa la voce grossa e detta le regole scegliendo la tradizione. A Cannes 2018 non potranno partecipare in concorso i film prodotti da Netflix. Potranno essere proiettati, ma per loro è esclusa la possibilità del premio. Giusto per farci capire l’andazzo, sul red carpet della kermesse sono banditi anche i selfie, accusati di degradare uno dei momenti più sacri della manifestazione.
Il radicalizzarsi delle posizioni a Cannes è perfettamente in linea con l’atteggiamento tenuto negli anni scorsi. Al direttore artistico Thierry Fremaux si spezzava il cuore ogni volta che vedeva una star sul tappeto rosso mentre si sparava un selfie e infatti ne sconsigliava caldamente la pratica, senza ricevere particolare considerazione. Anche la questione Netflix era già stata trattata con cautela. L’anno scorso c’erano in concorso al Festival ben due film prodotti dal colosso dello streaming: Okja di Bong Joon-ho e The Meyerowitz Stories di Noah Baumbach. La loro presenza in cartellone era stata un segno di apertura, apparentemente, ma sotto sotto Fremaux sperava che per partecipare in concorso Netflix fosse disposto a far distribuire i due titoli anche nelle sale cinematografiche francesi, cosa che non è accaduta.
All’Hollywood Reporter il Direttore ha detto che “Netflix vorrebbe essere presente con altri film, ma capirà che l’intransigenza della sua politica è l’opposto della nostra”. Detta così sembra un po’ che la parte dell’intransigente tocchi tutta quanta a Netflix, ma in realtà la medesima cosa si potrebbe dire del Festival di Cannes e della sua politica sala-centrica. A sostenere la politica del nuovo Cannes c’era già stato Pedro Almodóvar, presidente della giuria della scorsa edizione, affiancato dalle più recenti dichiarazioni di Steven Spielberg, secondo cui i film prodotti per il passaggio in tv non dovrebbero poter ricevere Premi Oscar.
Probabilmente, da due autori della vecchia scuola come Almodóvar e Spielberg potevamo aspettarci posizioni del genere. Meno scontato era l’irrigidirsi delle politiche del Festival di Cannes, che avrebbe potuto cogliere l’occasione per puntare più sulla qualità e meno sul formato. Nonostante tutto, a Netflix difficilmente verrà meno il sonno per l’affronto subito. La compagnia ha infatti già annunciato di aver in serbo qualcosa come 700 titoli originali, tra film, serie tv e documentari, da rilasciare nel corso del 2018, dopo un investimento di 8 miliardi di dollari. La diffidenza da parte dei circuiti festivalieri classici è certamente qualcosa che era già stata messa in conto e non sorprende più di tanto che Netflix sia concentrato soprattutto sulle produzioni di genere, dal thriller al film in costume.
Gran parte dei film originali Netflix sono infatti raramente materia da festival. Nel 2017 oltre ai due partecipanti a Cannes uscirono il mistico La Scoperta, l’adattamento di Death Note, il fantascientifico Bright e ben due trasposizioni da Stephen King, Il Gioco di Gerald e 1922. Ma pensiamo soltanto ai primi titoli originali usciti nei primi mesi del 2018: The Open House (thriller), Mute (fanta-thriller), Game Over, Man (commedia) e The Ritual (horror). Nei prossimi mesi la situazione rimane similare, con in arrivo quattro titoli tra thriller e post-apocalittico, due commedie e un film in costume.
L’oltranzismo sbandierato da Cannes in nome della purezza del cinema in sala rischia di farne, ancora di più, un’isola inavvicinabile e, francamente, pretenziosa che si allontana dalla fruizione quotidiana del cinema stesso. La salvaguardia della visione sul grande schermo è sacrosanta, ma privarsi a prescindere di determinate opere solo perché arrivano da un sistema produttivo e distributivo diverso potrebbe non essere una soluzione lungimirante. Semplicemente, Cannes fa la figura del vecchio reazionario.