Libri
di Stefano Disastro 13 Novembre 2017

LIBRI FIGHI | La vita segreta – Tre storie vere dell’era digitale, di Andrew O’Hagan

Attraverso 3 storie, O’Hagan si interroga sul concetto di identità personale nella luminosa Era Dei Social Network

Se da un po’ di tempo vi state chiedendo quale vita state vivendo, se siete voi o il vostro doppio sui social ad essere il ‘vero voi’; se vi raccontate la storiella che comunque sta andando tutto bene, che questi sono i tempi in cui viviamo; se avete sentito parlare di Bitcoin di Wikileaks e di Dark Web (certo che ne avete sentito parlare, siete informati, voi, siete moderni siete iperconnessi, siete nel pieno controllo e avete piena comprensione delle vostre fonti e della veridicità di ogni singolo bit dotato di senso in entrata e uscita dal vostro cervello – basta vedere che post arguti e pungenti e pieni di senso critico postate quotidianamente sui vostri social); se non riuscite a staccare gli occhi dal monitor per più di venti minuti (ma state tranquilli, la media è ogni 12 minuti), ma non chiamiamola dipendenza dai social, chiamiamole vite aumentate, vite segrete, identità complesse.

Bene, facciamola breve che non avete tempo da perdere: questo è il libro che fa per voi, è il libro che ADESSO tutti dovrebbero leggere. Perché è un romanzo, un’indagine giornalistica, un saggio su alcune figure/passaggi chiave dello spazio-tempo fisico e mentale in cui viviamo.

Attraverso 3 storie ‘esemplari’ – nel senso di ‘esemplificative’ – O’Hagan si interroga sul concetto di identità personale nella luminosa Era Dei Social Network . Quelli che hanno studiato più di me la chiamano post-identità, O’Hagan non arriva a dare definizioni, nemmeno gli interessa darle e di questo bisogna rendergli merito, ma il suo stile è così coinvolgente e la scrittura così esatta da lasciare tramortiti e, arrivati alla fine delle 222 pagine del libro, ci si guarda allo specchio e quelli che brillano negli occhi sono ancora più punti interrogativi di quando si è iniziato.

Certo sospettavate che Julian Assage (il protagonista della 1° storia raccontata nel libro) poteva essere un personaggio molto più complesso rispetto all’immagine da salvatore delle sorti del mondo democratico che qualcuno (lui stesso in primis) ha provato a raccontare (e raccontarsi), ma ‘vedersela raccontata’ così, con il taglio cinematografico e la vicinanza di O’Hagan ha, dovrebbe avere -diciamo così- tutte le prove dell’evidenza.

Ma ancora non basta. Dovrebbe essere vero, ma ancora non basta. Perché il messaggio che corre come una filigrana attraverso le 3 storie è proprio questo: forse ciò che è vero/reale non basta più. Come nell’ultima storia in cui (sembra) venir svelata l’identità del personaggio più segreto del web, il presunto inventore dei Bitcoin, Satoshi Nakamoto, eppure ancora non basta. Ci sono delle prove, un dovrebbe, un forse sì ma forse no. Di certo è che l’identità personale e la personalità e la percezione di sé e l’umanità dei personaggi è così fragile da essere sul limite del collasso (o forse il collasso è già avvenuto e non ce ne siamo resi conto)

Non è un libro semplice. In alcuni passaggi è -come deve essere- molto tecnico (per spiegare alcuni passaggi tecnici non si può non esserlo, pena l’inesattezza e di conseguenza la perdita di credibilità). Ma non fatevi scoraggiare, vi assicuro che è una lettura stimolante. Vi arricchirà, a prescindere che decidiate di comprare Bitcoin o meno, di crearvi un profilo fake su Facebook con cui costruirvi una nuova (vera? finta?) identità, di dedicarvi a qualche causa legata alla libertà d’opinione o di iscrivervi a un corso di coding. O spegnere tutto e andarvene a fare in culo. E andrebbe bene comunque. Perché ormai, vi spoilero il senso del libro e della vita: #valetutto. O almeno così sembra. Boh.

Quando scrivi un romanzo, prendi dal mondo ciò che ti serve, restituisci ciò che puoi, e dai per scontato che l’immaginazione è sovrana. Ma cosa succede quando scrivi di cronaca? Non sono allora i fatti a dettare la storia, sottraendola all’immaginazione? La tesi di questo libro è che tale distinzione non regge, specialmente nel mondo di oggi. Quando racconto una storia vera, non mi sembra tanto di riferire delle notizie, quanto piuttosto di indagare la realtà, un’attività, alla quale le tecniche del romanzo, lungi dall’essere estranee, sono spesso adeguate. Le persone di cui scrivo tendono a vivere in una realtà che si sono costruite da sé, o che per certi versi è frutto di invenzione, e per rintracciarne la trama occorre addentrarsi nel loro etere e danzare con le loro ombre. Da giovane ho appreso dai libri dei poeti a diffidare della realtà « la realtà è un cliché da cui fuggiamo con la metafora » scrisse Wallace Stevens -, e i protagonisti di questo saggio, tutti personaggi reali perlomeno all’inizio della loro storia, devono la loro esistenza e il loro potere nel mondo a un alto tasso di artificialità. È un vezzo della nostra epoca sfruttare le assurdità insite in questa situazione e chiamarle cultura. (Basti pensare alla tele-realtà) E lo scrittore creativo, alla luce di quanto ho detto sulla metafora, può risultare avvantaggiato quando si tratti di investigare tale cultura. (…) Credo fosse questo ciò che intendeva Scott Fitzgerald quando disse che di uno scrittore non ci può essere una biografia attendibile, «perché uno scrittore, se è bravo, è troppe persone insieme ».
Siamo divenuti schiavi del web molto prima di capire in che misura la tecnologia avrebbe cambiato le nostre vite. In un certo senso internet ha fornito gli strumenti della creazione letteraria a chiunque avesse un computer e fosse disposto a nuotare in quel pozzo senza fondo di alterità che è la rete. J.G. Ballard aveva previsto che lo scrittore non avrebbe più avuto un ruolo nella società — che sarebbe presto diventato superfluo, come certi personaggi dei romanzi ottocenteschi russi. «Dal momento che la realtà esterna è pura finzione,» scrisse Ballard «lo scrittore non ha bisogno di inventare nulla, tutto è già dato». Ogni giorno in rete si ha la riprova delle sue parole; internet è un mercato dell’identità. Grazie alle mail, ognuno può comunicare in maniera istantanea e invisibile, nei panni di se stesso o in quelli di qualcun altro. Ci sono sessantasette milioni di nomi `inventati’ su Facebook, molti dei quali conducono chiaramente una seconda vita, meno ordinaria, e comunque meno tracciabile. Nessuno sa chi siano realmente. La crittazione ha reso l’utente medio un fantasma —uno pseudonimo, un simulacro, un riflesso. In questo contesto, solo il nostro potere d’acquisto ci rende reali, e quell’io di cui ancora possiamo disporre è bersagliato da offerte di potenziamento – un nuovo colore degli occhi, un’assicurazione migliore, un corpo più snello — da parte di aziende di marketing e compagnie telefoniche che poi trasmettono i nostri dati ai governi, i quali mirano a renderci nuovamente visibili nell’interesse della sicurezza nazionale.

tratto da ‘La vita segreta – Tre storie vere dell’era digitale’, di Andrew O’Hagan

 

 

NOTA: Andrew O’Hagan presenterà questo libro a Milano il 25 novembre 2017 al festival di Rivista Studio e il 28 novembre 2017 per il ciclo “Giorni selvaggi” ne parlerà con Francesco Guglieri alle Officine Grandi Riparazioni di Torino (in collaborazione con il Circolo dei Lettori e il Salone del Libro).

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