Forse non tutti sanno che un tempo, tra i secoli XVII e XIX, andava un sacco di moda rilegare i libri in pelle umana, come la famigerata poltrona nella sala del Megadirettore di Fantozzi, ma con meno risate attorno.
Questa pratica era conosciuta col nome di bibliopegia antropodermica ed era una tradizione portata avanti soprattutto dai medici, i cui clienti erano lettori romantici e perversi. Alcuni donavano la loro pelle, una volta avvenuta la morte, per rilegare libri che amavano particolarmente.
Veniva preferita la pelle delle donne per la sua morbidezza e perché aggiungeva un tocco di depravazione quando veniva toccata. Non tutti i libri rilegati in pelle umana però provenivano da lasciti di fanciulle avvinte dall’immoralità, molte pelli venivano prelevate da cadaveri senza nome e senza riconoscimento oppure dai condannati a morte. Questi ultimi venivano scuoiati dopo morti e le loro pelli servivano, come ultima beffa, per rilegare gli atti processuali.
Se anche voi siete curiosi di vedere con i vostri occhi uno di quei libri, potete recarvi il 18 maggio, durante la Giornata Internazionale dei Musei, alla Biblioteca Ambrosiana a Milano, per la mostra Musei e storie controverse: raccontare l’indicibile nei musei. Nel caveau dove sono custoditi i più preziosi manoscritti, i papiri originali e tutta quella bibliografia segreta, è uscito fuori il Traité d’anatomie descriptive, physiologique et pittoresque à l’usage del artistes, un volume parzialmente rilegato in pelle umana da Gustave Rykers nel 1861 a Bruxelles. Per i lettori più curiosi e morbosi, si tratta di pelle femminile.