È morto oggi Danilo Mainardi, etologo e divulgatore scientifico nato a Milano nel 1933: in un’epoca in cui canini, gattini, e animalini di ogni genere invadono l’internet Mainardi era un pezzo delle infanzie di tanti trenta-quarantenni come noi, che da piccoli avevano imparato a conoscerlo davanti alla tv.
Magari durante Quark o SuperQuark, oppure durante l’Almanacco del Giorno Dopo, ma non solo: Mainardi ha anche scritto cose meravigliose sempre sul mondo animale, sul cane, per esempio, e per anni ha tenuto rubriche – tra le tante testate – anche sul Corriere della Sera e sul Sole24Ore.
Che vita Danilo Mainardi: figlio di un poeta e pittore futurista di buon successo, con un curriculum scientifico importante, Mainardi sapeva entrare nelle case degli italiani con una gentilezza, un garbo, che lo rendevano perfetta spalla all’interno del salotto scientifico di Piero Angela.
C’era – e in parte c’è ancora: ma solo lì, da Angela – uno stile comune, una matrice, un modo di porsi in quelli che in fondo erano per prima cosa professori e uomini di scienza e poi divulgatori, gente che aveva passato la vita sui libri, che oggi si è un po’ perso. Ed è un peccato che anche Youtube restituisca pochi contenuti di Mainardi, e così anche il sito della Rai. A pescare nelle registrazioni degli anni ’80 ci sarebbero sicuramente meraviglie.
Con una sensibilità per il mondo animale incredibile, fuori dal comune, Mainardi era “quasi” vegeteriano, ma con molti precisazioni: diceva “Non sono completamente vegetariano, anche se mi piacerebbe esserlo, per motivi di salute, perché ho sofferto di una grave anemia e sono costretto ogni tanto a mangiare un poco di carne. A ogni modo, credo che la nostra specie non sia naturalmente vegetariana, basta studiarne l’anatomia (per esempio i denti) e la fisiologia. Certo che sarebbe meglio mangiare molta meno carne (…) Secondo me, non è il mangiare gli animali il problema eticamente più sbagliato, ma la mancanza di rispetto e di attenzione quando sono vivi, la scarsa volontà di regalare loro una vita e poi una morte priva di sofferenza“.