Il playmaker palleggia, il pivot sale sino all’altezza della lunetta, porta un blocco al suo compagno di squadra poi taglia verso l’area colorata in attesa di ricevere un passaggio che lo porterà, almeno in teoria, a segnare un canestro facile facile. Ecco spiegato, in modo grossolano anzichenò, il concetto base del pick and roll, uno degli schemi offensivi più usati in questi ultimi anni dagli allenatori di basket del globo terracqueo. Per quel che mi riguarda, io del pick and roll me ne strafegherei altamente se non fosse diventato un’ossessione: intanto se siedi su di una panchina e non ne fai uso sei uno sfigato e rischi la radiazione dalla Fip, senza contare poi il caso pietoso del giornalista specializzato, costretto a ogni partita a descrivere minuziosamente ogni contorsionismo dell’asse play-centro, dai cambi di marcatura ai raddoppi difensivi, fino a tutte le sue varianti, tipo il pick and pop. Come se all’appassionato medio gliene fregasse qualcosa: e infatti li sento nei fine settimana quelli che escono ancora eccitati dai palasport commentare con frasi tipo: “Hai visto come lo hanno giocato bene il pick and roll stasera?”, “Ah beh, oggi mi sono proprio divertito, quando due squadre giocano 40’ di pick and roll io godo come un riccio!”. Già, cosa contano le schiacciate, gli uno contro uno, i McAdoo che si buttano a terra per recuperare un pallone, i Bob Morse che bombardano da tre (sì, lo so che ai tempi di Morse, quello di Varese almeno, disegnare un arco distante 6,75 metri dal canestro non era nemmeno pensabile, ma era solo un esempio un po’ nostalgico…)? Ormai niente, è tutta roba vecchia, perché il basket di oggi si basa su questa grande truffa del pick and roll (già, “The great pick and roll swindle“!, che Johnny Rotten sia lodato ora e sempre). Non per niente a dominare il campionato italiano degli ultimi anni ci ha pensato Siena, e qual è lo schema preferito del suo coach, Simone Pianigiani? Riposta esatta! Poi chela Mens Sana abbia vinto sei scudetti consecutivi solo perché riesce a sfruttare come nessuno nello stivale il gioco a due tra play e lunghi ce ne passa, ma provate a togliere a McCalebb la possibilità di dialogo diretto con i suoi pivot e ne riparliamo. E poi, per dirla tutta, a voi Siena diverte? A me nemmeno un po’: bravi sì, ma che palle! Posso chiudere questo sfogo con un’analisi tecnica? Beh, ecco, il pick and roll mi ha rotto i coglioni. E per evitare che si triturino del tutto, ecco una modesta proposta: nell’NBA la zona è stata messa al bando, in Europa (ma anche nel resto del mondo, credo) c’è un semicerchio posizionato sotto il tabellone all’interno del quale il fallo di sfondamento non è considerato tale, non si potrebbe rendere il tutto più funzionale eliminando dalla faccia della terra il pick and roll? Chi usa il pick and roll uccide il basket, tu digli di smettere.
Il pick and roll ha rotto i coglioni
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