In gennaio, ogni anno nella città giapponese di Nara si tiene un festival decisamente singolare. Il monte Wakakusa prende fuoco per la celebrazione della festa Yamayaki, che celebra la fine dei conflitti del XVIII secolo.
L’ultimo sabato di gennaio, prima dell’antico rituale dell’incendio, nella città c’è già fermento. Si tiene una gara di lancio di dolci di riso, chiamati sembei, che poi serviranno per nutrire i numerosi cerbiatti della zona.
Poi, come da testimonianza di chi ha partecipato all’evento, dalle 17 una processione di persone che brandiscono le torce (il fuoco sacro) lascia il santuario di Kasuga Taisha, per giungere ai piedi della collina. Alle 18 il primo fuoco d’artificio dà inizio all’incendio rituale, sotto l’occhio vigile dei pompieri.
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La vostra domanda legittima, a questo punto, può essere una sola: perché dare fuoco a un monte?
La prima leggenda a proposito riguarda due monaci e un diverbio per i confini di due templi, che ha portato i contendenti a incendiare la montagna per mettere fine alla lotta.
La seconda leggenda riguarda gli orsi e gli insetti, molto pericolosi in quella zona, cacciati con la spettacolare pira.
Il monte Wakakusa è un vulcano estinto che domina la città coi suoi 350 metri di altezza. È ricoperto soprattutto da piante e foglie secche, quindi il Festival non è nocivo come può sembrare.
Lo ripulisce dalle scorie e dalle erbacce, facendolo rifiorire.
Un rito purificatore e una festa ampiamente partecipata dagli abitanti e dai numerosi turisti, che accorrono per guardare la montagna bruciare e mettere fine agli scontri per il possesso. Una bella lezione da imparare.