Per prima cosa non è un selfie, l’ostaggio non l’ha scattata da solo quella foto, si è fatto aiutare da una hostess. Ma che importa! Quando ti fai una foto con un dirottatore dotato di (scopriremo poi) falsa cintura esplosiva è tutto ok, vale tutto.
E quella che vedete qui sopra è comunque una di quelle immagini potenti, che parlano, che resteranno un po’ e che a dicembre 2016 sicuramente ricorderemo come una delle foto dell’anno. Ma chi c’è nella foto?
C’è il dirottatore del volo EgyptAir, Seif Eldin Mustafa, insieme a Ben Innes, uno degli ostaggi. Un ostaggio sereno, che a un certo punto del dirottamento – avvenuto ieri mattina – ha pensato bene di scattarsi una foto con chi aveva costretto l’equipaggio a cambiare la rotta dell’aereo decollato da Alessandria d’Egitto per farlo dirigere verso l’isola di Cipro.
Ma che cosa c’è ancora, cosa c’è oltre in questa foto?
C’è il mezzo terrorista – nel senso che ha provocato terrore, ma più prosaicamente un membro del governo egiziano l’ha definito “un idiota” – dotato di finta cintura esplosiva ben allacciata in vita, sguardo tutto sommato sereno per uno che avrà decine di cecchini intorno pronti a fargli saltare il cranio nel giro di qualche minuto, un aspetto un po’ dimesso ma alla fine non del tutto sciatto, catenina larga intorno al collo, canottiera che si intravede sotto la camicia slacciata, saggiamente sbottonata per mostrare in favore di camera e di ostaggi l’esplosivo, ci mancherebbe.
Sembra quasi da professore in pensione, porta occhiali con montatura sottile – le cui lenti riflettono il flash dello smartphone? – uno sguardo rilassato, per essere uno che ha appena dirottato un volo con 62 persone a bordo.
È rilassato forse perché è una foto con un amico quella che sta facendo. Forse sente che anche se è grande il triplo di lui, quel tizio non solo non gli vuole fare niente, ma vuole conoscerlo meglio. La gente si annusa le emozioni e a volte, molte volte, ci azzecca.
Ben Innes invece ha 26 anni, è un grosso ragazzone inglese, viene da pensare giochi a rugby, se ne sta su un volo che è stato appena dirottato da uno che per lui, allo stato attuale delle cose – proviamo a pensare quello che poteva sapere chi era su quel volo – è lecito ritenere sia un terrorista.
Ben indossa camicia Ralph Lauren di taglia enorme, adeguata, occhiali con montatura Ray-Ban forse falsi e vagamente Wayfarer, vezzosamente appoggiati in testa, pronto ad abbassarli una volta disceso sulla pista per ripararsi dalla luce, dal vento, dalle pallottole, dalle schegge impazzite in caso di esplosione, pronto a scappare mani in alto per non farsi crivellare dalle forze speciali in assetto di guerra.
Ben indossa disinvolto anche un ghigno sardonico premorte, adattissimo allo scatto. Porta un orologio che non appare particolarmente pregiato al polso sinistro.
Ma anche Ben a guardarlo con attenzione sembra tutto sommato tranquillo, pronto a farsi una foto con l’amico dirottatore, a donare a Wikipedia o ai posteri l’immagine perfetta per illustrare la Sindrome di Stoccolma nell’epoca dello smartphone. Visto che per quel che ne sa in quel momento Ben, Seif Eldin Mustafa indossa una cintura che se fatta detonare ridurrebbe lui, la camicia Ralph Lauren, i Ray-Ban tarocchi, e molto di quel che c’è intorno a loro in pezzettini abbastanza piccoli da essere impossibili da ricomporre.
C’è poco – o moltissimo… – da dire ancora su questa foto: forse la domanda cruciale è una sola, perché farla? Probabilmente perché Ben aveva capito che il dirottatore era un mezzo cialtrone, e perché intuiva che la situazione si stava risolvendo, forse perché non gliene importava nulla.
In quel momento erano già stati liberati quasi tutti gli ostaggi, erano rimasti in pochissimi a bordo e Ben, ha spiegato al Sun, ha pensato “Perché no? Se si fa saltare saremo morti e non avrà comunque alcuna importanza“. Non si è fatto saltare, ed è venuta fuori una di quelle foto che ricorderemo a lungo. Se avesse ragione Ben?