Per chi ha vissuto su questo pianeta per più di una trentina d’anni, il “fenomeno Youtube” non è propriamente semplicissimo da spiegare, specialmente se la persona coinvolta ha sempre avuto ben poco a che fare con la tecnologia. Come far capire a chi era abituato ad accendere la tv appena tornato da scuola che, al giorno d’oggi, i ragazzetti snobbano spesso e volentieri il telecomando in favore di video messi online da tizi con nomi buffi che si registrano mentre stanno videogiocando? O ancora, come convincere il proprio nonno che un urlatore professionista può esser più divertente della nobile arte di guardare i lavori in corso?
Oggi cerchiamo di spiegarlo a loro e a voi, partendo dalle origini di questa piattaforma web in italia, fino ad arrivare al suo stato attuale. E finito l’articolo effettivamente potreste voler andare a fissare dei lavori in corso.
Cominciamo da come il fenomeno ha avuto origine ovviamente. Youtube è nata come piattaforma di video sharing, un bel sito dove chiunque poteva aprire un profilo, e condividere “quasi” ogni genere di filmato. All’inizio non era l’incredibile macchina dell’intrattenimento che è oggi, e non giravano nemmeno lontanamente altrettanti soldi. Bastavano una decina di migliaia di iscritti a un canale per rendere una persona “famosa”, al punto che certi youtuber riuscirono a meritarsi articoli su quotidiani di una certa rilevanza con una media di poche migliaia di visualizzazioni a video. Ad oggi, avere quelle cifre significa quasi non esistere sulla piattaforma, ma andiamo per ordine.
In principio Youtube Italia si reggeva su due pilastri principali: la fantasia e la buona volontà. I dindini, come detto, non erano molti, quindi la maggior parte dei presenti erano lì per passione, o per un’effettiva volontà di mostrare al resto del paese le loro conoscenze in materia di… qualcosa.
Cliomakeup, una ragazza specializzata in trucchi e tutt’oggi tra i canali numero uno dell’argomento, è un esempio lampante, ma non era certo sola soletta nelle sperdute pianure di Youtube. Ad accompagnarla c’erano Frank Matano, che nel suo canale “Lamentecontorta” proponeva una comicità fatta di sketch rapidi e scherzi telefonici (e sì, già agli albori la qualità delle risate era quella, non sperate in miracoli di sorta), e il re, signore incontrastato del tubo italiano tutto, Willwoosh. Ai tempi, chi fosse Willwoosh lo sapeva qualunque internauta.
I suoi video erano semplici, ma funzionavano benone e riuscivano a intrattenere spesso anche persone burbere come quella che sta scrivendo questo articolo. Guardare i lavori di quell’era “aurea” oggi però è un salto nella nostalgia di quelli che finiscono con fratture multiple, perché la qualità dell’immagine era infima, i mezzi pochi, la professionalità zero, e l’unica cosa ad esser presente a vagonate era la passione dei coinvolti. In passato la piattaforma era peraltro molto libera, con ben poche restrizioni a limitare la creatività dei videomaker.
Tra gli iniziatori di Youtube Italia, da tenere a mente nella nostra discussione sono sicuramente Yotobi e Farenz. Il primo osannato per essere uno dei pochi video maker davvero coerenti del tubo, il secondo come iniziatore di sorta dei video italiani legati ai videogiochi, di cui parleremo più nel dettaglio poi.
Paradossalmente, il primo video ad esplodere sopra il milione di click diventando virale non fu né di Willwoosh né dei suoi compari sopradescritti. Fu tale Cane Secco a fare il colpaccio, dimostrando con il suo “Facebook – Tutti quelli che”, il potenziale della piattaforma a livello di visibilità anche nel bel paese. Da lì fu un esplosione, un proliferare di canali pronti ad accaparrarsi la propria nicchia e ad espandersi a forza di video più o meno deficienti. C’era interesse, specialmente da parte del pubblico giovane, e non è che alla tv girasse roba nettamente migliore nonostante la differenza nei mezzi disponibili, quindi si creò un ecosistema interessante e vivace, pronto ad evolversi.
In verità, in Italia il fenomeno esplose realmente in grosso ritardo rispetto ai paesi anglofoni. Google nel 2006 – anno di partenza di molti dei precursori appena descritti – aveva già acquisito la piattaforma per oltre un miliardo e mezzo di dollari, e stavano già spuntando alcune strategie per monetizzare il materiale video. Bastò qualche anno per vedere normative sul copyright, cambiamenti secchi al sito e bot per gestire le licenze, tutte modifiche mal accolte ma inevitabili, poiché il coltello non lo avevano certo gli youtuber dalla parte del manico. Con la supervisione di Google tuttavia iniziarono ad arrivare pure i soldi, quelli veri, quelli fruscianti, e con loro una massa informe di novellini pronti a buttarsi di faccia sulla torta.
E quando i bot che difendono i copyright su cinema e musica si fanno pesanti e il pubblico giovane si ingigantisce, dove ci si rifugia? Ma nei videogames, che domande.
Sono bastati pochi anni, a partire dal 2012 circa, perché i canali dedicati ai videogame esplodessero raggiungendo cifre inimmaginabili per il brodo primordiale che Youtube era attorno al 2007/2008. Certo, tra America e resto d’Europa il fenomeno era cresciuto già prima, molti canali erano già enormi e alcuni videogiochi erano diventati successi inimmaginabili in larga parte grazie alla spinta degli Youtuber, ma qui le cose eran ben diverse.
Tra i precursori alcuni, come Matano e Willwoosh, erano migrati verso radio e televisione con risultati altalenanti, e i gameplay non avevano ancora attecchito con forza. È bastato circa un anno perché le cose si ribaltassero, con una corazzata ora guidata dal fin troppo noto Favij, e da una schiera di cloni più o meno abili nell’arte dell’urlo davanti a uno schermo. Perché questo fa la maggior parte degli Youtuber davanti ai videogiochi sul canale ad oggi: strilla e fa battutacce. Alcune riuscite, certo, molte altre nettamente meno, ma questo passa il convento, in virtù di un pubblico giovanissimo che guarda tali personaggi come se fossero amici d’infanzia che giocano con loro, quando in realtà i soldi coinvolti hanno dato vita a numerosi youtuber “artificiali” e forzatissimi che si son buttati sui videogiochi solo per fare un po’ di grana (Favij almeno non ha cominciato per quel motivo lì, a sua difesa).
Ora, potrei star qui a elencarvi tutti gli Youtuber più famosi, ma non è necessario. In larga parte fan tutti la stessa roba, e persino Farenz, che all’inizio proponeva video sulla falsariga dell’Angry Videogame Nerd americano dimostrando una certa competenza legata ai titoli più antiquati, pare essersi un po’ stancato.
Non pensiate nemmeno di trovare roba particolarmente degna in home page, Youtube si sta muovendo verso i grandi numeri e finanziamenti che ne derivano, quindi nella pagina principale ammirerete quasi sempre gli stessi nomi. Se volete una prova della piega presa dal sito nel dare visibilità ai suoi creatori, basta guardare il degrado devastante dei titoli e delle thumb dei video.
Canali inizialmente pseudo-impegnati oggi mettono culi e poppe nelle thumb senza pensarci mezza volta, scrivono titoli in maiuscolo per fare più scena e giocano alle peggio boiate per far numero. È desolante.
La tristezza si fa poi ancor più marcata quando si considera che su Youtube, in verità, ci sono canali di qualità anche tra chi si butta sui videogiochi, e che la massa di cui abbiamo parlato poco fa deriva tutta dalla volontà di imitare PewDiePie, videogiocatore svedese che vanta oltre 40 milioni di iscritti ed è diventato ricco con i suoi video. Felix Kjellberg, questo il suo nome, è tuttavia maturato come intrattenitore nel tempo, una cosa che non si vede molto tra i canali italiani che ne seguono le gesta…
C’è comunque speranza all’orizzonte, più o meno. Su Youtube Italia ci sono canali di appassionati che ancora ci credono, come Sabaku no Maiku che sta sui 100mila utenti e segue con grande passione tutti i titoli che lo interessano, supportato da una community appassionatissima. Dozzine di ragazzi appassionati e preparati cercano di dare informazione al pubblico dai loro piccoli mondi fatti di recensioni e gameplay.
Yotobi, che ha mollato le recensioni dei film brutti con cui era divenuto famoso, ha un numero mostruoso di subscribers e riesce a mantenere un livello di comicità più che lodevole, anche quando fa gameplay per sfizio. Insomma, il potenziale per la crescita c’è, e va al di là dei tuber spinti da manager con il simbolo del dollaro nelle pupille, dei cloni di personalità note, dei libri scritti -male – da ghost writer, e delle bestemmie urlate dinnanzi a una console.
Bisogna solo vedere se Youtube stessa, finalmente, deciderà di diversificare la sua offerta, dando visibilità anche a chi ci mette davvero il cuore nei suoi video.