25 anni fa usciva American Psycho, il romanzo culto di Bret Easton Ellis. Per chi non l’avesse letto o non conoscesse il famoso adattamento cinematografico di Mary Harron uscito nel 2000, è la storia della doppia vita di Patrick Bateman: yuppie di Wall Street di giorno, serial killer di notte.
In occasione dell’anniversario, Ellis ha scritto per l’americano Town & Country un lungo articolo dedicato al suo personaggio, in cui ipotizza che tipo di lavoro farebbe se la storia fosse ambientata nel nostro presente.
“Lavorerebbe nella Silicon Valley” – racconta Ellis – “vivrebbe a Cupertino facendo ogni tanto una capatina a San Francisco o, più in basso, nel Big Sur al Post Ranch Inn. Diventerebbe uno dei migliori amici di Zuckerberg, pranzerebbe con lui al French Laundry, oppure con Reed Hastings al Manresa di Los Gatos. Indosserebbe felpe con cappuccio e sedurrebbe le ragazze su Tinder”.
Ellis poi si diverte ad infierire su Bateman descrivendolo come un “ricco, ben vestito, incredibilmente curato e bello ma moralmente in bancarotta, totalmente isolato e pieno di rabbia, sfarzosamente vuoto. Un giovane senza direzione, un manichino che vive sperando che, qualcuno, chiunque, lo salvi da se stesso”. Lo scrittore però ci tiene a specificare che non c’è mai stato l’intento di delineare un determinato momento degli anni ’80 o un’intera generazione.
Ellis racconta che tutta la rabbia e la cattiveria delle pagine di American Psycho rappresentano bene la frustrazione del periodo in cui le ha scritte: si era appena trasferito a Manhattan e, nonostante avesse già pubblicato due libri acclamati come Meno di zero e Le regole dell’attrazione, viveva una fase poco positiva della sua vita. Quel momento così incerto, ai suoi occhi, veniva ben rappresentato dalla deriva morale delle persone che lavoravano nell’alta finanza.
“Per molti versi Bateman era la peggiore rappresentazione di me stesso” – conclude – “il mio incubo, una persona che detestavo ma per cui, al tempo stesso, provavo una certa empatia. Allo stesso modo in cui Bateman criticava correttamente la società americana pur facendone parte”.
FONTE | independent.co.uk