I collage piacciono a tutti, anche nella loro accezione più contemporanea, cioè quella dei mash-up, cioè dei video, delle immagini o dei pezzi musicali che contengano due o più fonti, compatibili tra loro. Potrebbero essere il corpo di un attore con la testa di un altro oppure una base musicale su cui viene cantato un pezzo diverso. Basta che il risultato funzioni.
Non stupisce quindi il lavoro in sé di Davide Trabucco quanto la maestria e la perizia con le quali ha combinato due immagini ritraenti opere d’arte di periodi e stili differenti per creare una terza immagine che le comprende entrambe.
Lo stile è sempre quello: una cornice quadrata, un taglio netto in diagonale da destra verso sinistra e il gioco è fatto. Perché per quanto si tratti di arte contemporanea, di evoluzione del ready made di Duchamp o della pop art di Warhol, in definitiva sempre di gioco si tratta.
Davide Trabucco è uno studente d’architettura che si è divertito a giustapporre perfettamente queste opere per crearne di nuove. L’importante non è il concetto ma la perfezione stilistica. Il suo lavoro Confòrmi è focalizzato sulla forma, più che sul contenuto. Una forma che diventa essa stessa significato.
In queste immagini coesistono Marina Abramovic e Marcel Duchamp, un modello di Dolce & Gabbana con una scultura fatta prima della nascita di Cristo, il Mantegna con Luigi Ghirri oppure Piero Della Francesca con Francis Bacon. Il risultato è un’immagine omogenea, perfettamente fusa nonostante il taglio netto tra l’una e l’altra opera.
Lo abbiamo intervistato per saperne di più su questo progetto.
Com’è che hai deciso di creare queste immagini?
Il progetto è nato per caso. Spesso durante la fase di ricerca uno si domanda “chi ha lavorato già in questo modo?”, andando a cercare le soluzioni pratiche e formali per risolvere un dato aspetto del proprio lavoro. Così, passo dopo passo, è nato questo archivio di immagini, che raccoglie il mio “patrimonio” di conoscenze e riferimenti di arte e architettura. L’idea di accostare immagini è legata a due miei grandi modelli: uno è Permanent Food, la rivista di Maurizio Cattelan e Paola Manfrin, l’altro è la trasmissione Rai Blob. Semplicemente riutilizzando l’esistente hanno saputo creare un genere. Andando più indietro nel tempo invece non posso non citare Aby Warburg e il suo immenso atlante figurativo, Mnemosyne: 63 pannelli che assemblano secoli di arte e testimonianze culturali dell’Occidente.
Quanto è stato difficile giustapporre due immagini del tutto slegate tra loro per crearne una che funzioni?
In questo dato momento la mia ricerca lavora in modo comparativo. La nuova immagine, dunque, nasce nel momento stesso in cui un dipinto, un’architettura, una scultura, me ne ricordano un’altra. Non lavoro cercando di produrre immagini: altri procedono in questo modo. Io non ho l’ansia del dover “uscire” ogni giorno: a volte per settimane sono fermo, altre dopo la lettura di un libro o la visione di un film divento proficuo.
Qual è il fine ultimo della tua produzione?
Il fine è strettamente personale: creare il mio archivio di riferimenti visuali. Ho deciso di metterlo online e di usare una piattaforma semplice come tumblr, in modo da poterlo consultare ovunque. Questa al momento è la sua veste grafica: nel momento in cui vuoi archiviare qualche cosa, devi scegliere una configurazione e un metodo, io ho scelto un quadrato e una diagonale. La scelta di renderlo pubblico è legata alla volontà, nel mio piccolo, di condividere quello che so: i social spesso mi hanno spesso dato la possibilità di conoscere cose nuove. Sui profili degli altri sono un ladro invisibile.
FONTE | designboom.com