H. P. Lovecraft (1890-1937) è stato uno dei più grandi autori statunitensi di letteratura horror famoso soprattutto per il suo “Ciclo di Cthulhu”. Abbiamo ripercorso le orme di un suo possibile viaggio in Italia, partendo da un antico manoscritto di cui nessuno sapeva nulla. Fino ad ora.
Nel 2002 un uomo in visita al mercatino dell’antiquariato di Montecatini trova un’edizione del 1884 del romanzo di Émile Zola, Voluttà della vita (in francese, La joie de vivre). Ad attirarlo è una busta da lettera che fuoriesce dal volume: si presenta con uno stemma in ceralacca ed è ingiallita come le pagine del libro. All’interno sono raccolti stralci di un antico manoscritto che comincia con queste parole: “15 Maggio 1926. Partito dal porto di New York alle 19.12, con dodici minuti di ritardo sull’orario. Il mio primo grande viaggio è cominciato”.
Tra le pagine sfuse spunta una cartolina del Museo Civico Correr di Venezia. È firmata “Grandpa Theo”, uno degli pseudonimi utilizzati dallo scrittore Howard Phillips Lovecraft, nato a Providence e morto a Providence, Rhode Island. Il luogo da cui, secondo la biografia ufficiale, non si è mai mosso. Secondo questa testimonianza, invece, sembrerebbe che dal porto di New York si sia mosso verso quello di Le Havre, e che da qui sia giunto in Italia per un viaggio che dal Veneto l’ha portato nel Polesine, alla ricerca di ispirazione per nuove storie.
Il manoscritto è indirizzato ad Alfred Gampin, amico e corrispondente di Lovecraft, che dall’America si era trasferito a vivere proprio a Montecatini. L’uomo che ha ritrovato il manoscritto si chiama Roberto Leggio, è un giornalista e insieme al regista e documentarista Federico Greco nel 2005 ha visitato i luoghi raccontati in quel manoscritto per realizzare il documentario H.P. Ipotesi di un viaggio in Italia e il mockumentary Il mistero di Lovecraft, road to L. I due autori ci hanno spedito alcune pagine del manoscritto, in modo da redigere una piccola guida di viaggio d’autore sul delta del Po.
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Dal ponte superiore della nave in partenza da New York, l’ipotetico Lovecraft scrive: “Da questa posizione, in alto e tra una folla urlante, quelle persone in basso sulla banchina avevano l’aspetto di un brulicare d’insetti, tanto era l’agitarsi di braccia e svolazzare di fazzoletti”. Il 25 maggio è a Venezia. Visita più volte la biblioteca Marciana, viene attirato nella Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari da un concerto in Re minore di Bach (“Ma è stato durante l’egregia esecuzione dell’Eine Keine Nachtmusic di Mozart che ho compreso quanto quella fosse un’ideale colonna sonora per la quintessenza della magia veneziana”) ed entra nello storico Caffè Florian, che in un volantino di quegli anni era pubblicizzato come il ritrovo della migliore società italiana e straniera.
Il 12 giugno annota: “Mattina presto. Salito su autobus alla volta di L. Il mezzo è zeppo di lavoranti di ritorno a casa dopo il turno di notte allo zuccherificio”. Questi gli consigliano una locanda che poco tempo prima veniva utilizzata per il cambio dei cavalli, da qui il nome Locanda Cavalli, oggi Albergo Ristorante Cavalli, a Loreo. “Si tratta di un buon ricovero situato al termine del paese sulla riva destra del canale. Alcune barche sono attraccate proprio sotto le finestre della mia camera. Segno che l’attività peschereccia è ancora ben avviata”.
Parlo al telefono con l’attuale proprietario. Mi dice che i registri dei primi del Novecento sono andati persi e non vi è rimasta alcuna traccia che documenti il passaggio dell’ipotetico Lovecraft. È certo però che hanno pernottato Bobby Solo, Nek, Mal e Orietta Berti. Attenzione, utilizza spesso un intercalare: “Diremo che purtroppo per il delta del Po non c’è interesse. Diremo che secondo me il delta del Po va organizzato. Diremo che Loreo è un paese ricco di storia. Diremo che Nutriaman è un altro film ambientato qui, e che ha avuto anche più successo di quello su Lovecraft”. Gli chiedo cosa vede esattamente in questo momento, alle 13:53 di un venerdì di dicembre, dalla finestra del suo albergo ristorante. “Diremo che con questa nebbia non si vede nulla”.
L’ipotetico Lovecraft si spinge nell’entroterra e appunta sul suo diario: “E. mi ha spiegato che quella in cui ci stavamo inoltrando è una zona desolata che la gente dei dintorni definisce laggiù. Paesini quasi inesistenti distribuiti in un’area di una decina di chilometri quadrati”. Inserisco su Google Maps il nome di uno di questi paesini e appare una stradina di campagna percorsa da un uomo anziano che indossa uno strano cappello bianco, su cui svettano quattro penne di uccello. Lo guardo dalle diverse angolature disponibili. Una di queste lo ritrae a volto scoperto, i lineamenti sfuggiti alle sfocature e ben riconoscibili. Sembra incedere lento, porta a mano una bicicletta, nel cestino ci sono due fiori gialli.
“26 Giugno 1926. Oggi abbiamo finalmente incontrato il vecchio. La sua età è così avanzata che la pelle sembra attaccata come una membrana appassita su una superficie spigolosa. Il peso degli anni ingobbisce la sua figura e gli occhi infossati hanno una luce un po’ folle. Anche la sua voce è antica. La bocca articola parole catarrose, così ruvide da essere quasi incomprensibili”. Le parole di cui è in cerca l’ipotetico Lovecraft sono quelle dei racconti del Filò, leggende popolari che narrano di spiriti e creature anfibie che abitano il delta del Po.
“Nonostante il giorno e la luce del sole, le finestre delle case sono tutte serrate, alcune persino sbarrate da assi inchiodate, eppure dietro di esse provengono rumori di stoviglie e un vociare basso come una sorta di sussurro”. Il viaggio si conclude il 4 luglio con un foglio strappato. Qualche anno dopo, nel 1931, Lovecraft scriverà il racconto La maschera di Innsmouth, questo l’incipit: “Durante l’inverno 1927-28, funzionari del governo federale condussero un’inchiesta segreta a causa di fatti poco chiari avvenuti ad Innsmouth, antico porto di pesca del Massachusetts”.
Riguardo a La joie de vivre di Emile Zola – il libro che ci ha guidati fin qui – Guy de Maupassant scriveva: “Pochi fra i suoi romanzi più importanti sono grandi come la storia di questa semplice famiglia borghese, i cui drammi mediocri e terribili si svolgono nello scenario maestoso del mare, un mare feroce come la vita, al pari della vita spietato e infaticabile, un mare che lentamente inghiotte un povero villaggio di pescatori costruito nell’ansa di una scogliera. E sull’intero libro plana, nero uccello dalle ali spiegate, la morte”.
Sull’intera ipotesi del viaggio in Italia di Lovecraft plana la fine, e plana anche la voglia di assistere per un giorno a quella nebbia che fa sparire Loreo dalle finestre dell’albergo in cui, forse, lo scrittore non ha preso sonno.