Society
di Gabriele Ferraresi 21 Gennaio 2016

Cosa dice il primo studio sulla creatività in Italia

Cauto ma ottimista e un po’ cerchiobottista: guardiamo da vicino lo studio Italia Creativa di Ernst & Young

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Quanto vale la creatività in Italia? Secondo lo studio Italia Creativa di EY – uno dei big four del consulting mondiale, Ernst & Young – 47 miliardi di euro. Uh. Ma sono tanti o sono pochi? È una cifra difficile da visualizzare: potreste provare a pensarla in dollari, sarebbero circa 50 miliardi, quindi più o meno quanto vale Uber.

In ogni caso “con la cultura si mangia” – come ha titolato chiunque oggi, originaloni che non siete altro – si mangia forse un po’ precariamente, forse con la spesa al discount e con poche cene fuori, ma quei 47 miliardi di euro per il sistema Paese valgono davvero molto, sono una cifra pari al 2,9% del PIL: questi i dati emersi dallo studio commissionato da EY e supportato dalle associazioni di categoria del mondo della cultura. Gli occupati – con qualunque forma contrattuale – sarebbero quindi quasi un milione e in media piuttosto giovani, visto che il 41% si concentra tra gli under 40.

Undici i settori presi in considerazione dallo studio EY: architettura, arti visive e performative, cinema, libri, musica, pubblicità, quotidiani e periodici, radio, televisione e home entertainment, videogiochi.

Cosa emerge? Per la musica passiamo la parola volentieri agli amici di Rockit che raccontano come “per valore economico sia il sesto sugli 11 settori presi in considerazione: nel 2014 corrispondeva a 4.3 miliardi di euro, in leggero calo dello 0,7% dal 2012. La voce che traina il settore è quella relativa alle discoteche, che nel report viene definita come “attività di ballo e performance musicali in genere (discoteche, pianobar, ecc.)”. Altro dato importante è quello relativo ai contributi pubblici al settore, calati del 5.4% rispetto al 2012“.

Noi invece passiamo ad analizzare in breve tutti gli altri settori, aggiungendo qualcosa ai dati di EY, a nostro giudizio piuttosto ottimistici e virati al roseo.

Ma andiamo con ordine.

 

Architettura

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Un dato che EY sottolinea riguarda i colossi, i grandi studi di architettura italiani. Per fare qualche nome parliamo di studi del calibro di Renzo Piano Building Workshop, oppure pensiamo anche ad altri studi più che ben piazzati, Antonio Citterio Patricia Viel & Partners, Matteo Thun & Partners o tanti altri ancora (volete saperli questi top 25? Eccoli qui) be’, loro se la passano bene: le top 25 società italiane nel settore architettura sono cresciute del 17% nel 2014.

Difficile dire cosa sia stato di chi è dal 26° posto in giù, o che è semplicemente un architetto, punto e basta. Ne abbiamo tanti in Italia, più che nel resto d’Europa – la densità è di 2,65 architetti ogni 1000 abitanti: hai voglia a occuparli stabilmente tutti – e infatti la retribuzione media è bassa, come per tanti neo-professionisti. Gli under 40 dell’architettura in media, l’anno, portano a casa 18.187 euro. Facciamola corta: ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri. In ogni caso, segno meno sia per il valore del settore, sia per gli occupati.

 

Architettura

 

Arti performative

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Sono il teatro di prosa, la lirica, il balletto, la commedia musicale, i circhi e gli spettacoli viaggianti: non proprio il massimo della stabilità se si cerca il proverbiale, zaloniano posto fisso, e chi lavora in quei settori lo sa bene. Spiega lo studio di EY che “nel 2014 la vivacissima scena italiana ha contato 131 mila rappresentazioni artistiche in giro per lo Stivale“, sovvenzionate da contributi pubblici per il 40% dei volumi totali. Anche in questo caso però, segno meno sia per il valore del settore, sia per gli occupati. Crescita verticale e davvero molto positiva dei ricavi da concerti, come si legge nella tabella qui sotto.

 

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Arti visive

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Buone notizie: non possiamo lamentarci. EY parte da un dato, il numero di siti patrimonio UNESCO dell’umanità presenti sul territorio italiano: sono 51. Malgrado l’inflazione del titolo di patrimonio dell’umanità – un tempo un patrimonio UNESCO non si negava a nessuno – quello delle arti visive è il settore del quale non possiamo proprio lamentarci. Le arti visive infatti sono il primo settore dell’Industria Creativa italiana per numero di occupati e ha generato, nel 2014, circa 11,2 miliardi di euro.

Il potenziale da esprimere rimane ancora alto, in fondo siamo e restiamo il Paese più bello del mondo e che esporta quel bello in giro per il mondo, con settori come quello del design e della produzione artistica. Buoni anche i numeri del mercato dell’arte visiva, salgono del 4% fra il 2012 e il 2014, portandosi a circa 11 miliardi di euro. Chi lavora in questi settori? Soprattutto artisti e artigiani, 9 su 10 degli occupati diretti nel settore.

 

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Cinema

Cinema

 

Forse uno dei settori in cui per senso comune pensiamo le cose vadano malissimo, invece. Invece no: a quanto rivelano i dati dello studio EY il cinema italiano non se la passa poi così male. Il 2014 ha visto 201 opere prodotte per un investimento complessivo di 320 milioni di euro. Sempre nel 2014 crescono i ricavi del 3,4%. I dati diffusi da Cinetel raccontano un 2015 positivo, con quasi 100 milioni di biglietti venduti – più 8,56% rispetto al 2014 – per incassi complessivi di 637 milioni di euro.

Un buon anno quello passato quindi, ma al di fuori dello studio di EY non mancano le voci critiche, soprattutto sullo stato delle produzioni e degli spettatori di cinema italiano, più che verso il sistema cinema in Italia. Speriamo che Zalone vada avanti ancora per un po’ di anni: o che ne abbia sorelle e fratelli di cui non ci ha mai parlato.

 

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Libri

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Qui anche il cautissimo studio di EY deve ammettere che le cose non vanno. Lo sa benissimo chi lavora in un settore che ha visto una contrazione enorme negli ultimi anni: l’industria del libro in Italia vale 3,1 miliardi di euro, ma ha perduto il 7,5% del valore tra il 2012 e il 2014, con i ricavi da vendita di libri scesi del 9,8%.

Tutto questo si traduce in un calo importante degli occupati, diminuiti dell’1,8% nella stessa forbice temporale. La situazione non è buona, e non saranno gli eBook a risollevarla, almeno non ora. È bene ricordare che i più recenti dati Istat tracciano questo profilo degli italiani e dei libri: un buon 9,1% delle famiglie che non ne ha neanche uno, neanche per sbaglio. Il 64,4% degli italiani ne ha al massimo 100. Però pare che nel 2015 le cose siano andate meglio. Strano eh, sembrava di no.

 

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Pubblicità

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Settore creativissimo, frizzantissimo, pazzissimo, per chi non ci lavora rimane bloccato in una golden age anni ottanta fatta di copy e art che galleggiano in nubi di polverine colombiane e idee geniali che spuntano come funghi in un boschetto umido a ottobre. Nel caso lo sia mai stato, non è più così: la pubblicità in Italia vale circa 7,4 miliardi di euro – un bel po’ in meno rispetto al 2012, un calo del -11,4%, ma lì si veniva dagli anni della durissima crisi che quel settore lo aveva ridimensionato parecchio, non si può scavare il fondo dopo che lo si è toccato.

Scendono gli investimenti nei media tradizionali (tv, cinema, radio) e gli investimenti nel web e mobile non riescono a compensare il calo. Anche se, a quanto diceva Nielsen qualche mese fa, nel 2018 il digital advertising dovrebbe rappresentare il 33% del totale del mercato. Sono almeno un paio d’anni, ce la facciamo ad aspettare?

 

Quotidiani e periodici

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Su Cuore c’era una rubrica di Paterlini che si chiamava “Parla come mangi“. Applichiamola all’abstract di Italia Creativa, in cui si tratta di quotidiani e periodici: (EY) “Veicoli d’informazione per eccellenza, ma anche di contenuti culturali di qualità, i quotidiani e i periodici si trovano al centro di una transizione storica“. La traduzione potrebbe essere (DB) “Abbiamo vissuto in una bolla fatata di rendite di posizione per decenni, combinando buone cose e altre molto meno buone, ma adesso* è arrivato internet e non capiamo bene che fare, è un casino“. Qualche numero? Fra il 2010 e il 2014 la tiratura di quotidiani è scesa del 27%, per settimanali e mensili il calo invece è del 19% e del 16%.

Resta perfetta come chiosa sul tema quella di Clay ShirkyIl futuro della carta stampata rimane cosa? Proviamo a immaginare come sia, un mondo in cui il futuro della carta stampata è poco chiaro: magari i ventenni vorranno leggere le notizie del giorno prima, confezionate in un formato che non si può condividere, e aggiornate solo una volta al giorno. Forse gli inserzionisti decideranno che “clicca per acquistare” suona brutto. E gli smartphone saranno passati di moda. In fondo può succedere di tutto, no? Va’ a sapere”. Ecco. Ah: ovviamente, conclude Italia Creativa di EY, “la copia digitale, nonostante la rapida crescita, non è ancora in grado di compensare, in termini di valore, le perdite nel cartaceo“. Né a breve termine lo farà.

*adesso per la classe dirigente giornalistica italiana non è gli ultimi vent’anni, è circa il 2010. Per quelli a cui la sveglia ha suonato.

 

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Radio

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È viva e lotta con noi. Anche se a livello economico i dati presentati da EY non sono positivi, con “un calo di circa il 3,3% rispetto al 2012 a quota 845 milioni di euro“. Scendono gli investimenti pubblicitari. Dati Nielsen più recenti raccontano invece un quadro positivo, anche se rallentato, +2,4% a novembre, in un 2015 positivo che chiude a +9,1%. Calano del 6,3% gli occupati, qui sotto uno spaccato della situazione.

 

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Televisione e home entertainment

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La tv è morta? Non scherziamo. Le tv generaliste sono strumenti utili a far compagnia agli anziani, a festeggiare Capodanno con un secondo di anticipo, dar qualcosa da fare a Grignani quando è alticcio, o mostrarvi show sui quali twittando potete sentirvi molto sagaci: cazzeggio a parte, la tv è ovunque, e ci resterà ancora.

Dice Italia Creativa di EY che “Il valore economico relativo al 2014 supera quota 12 miliardi di euro” divisi non molto equamente tra i player del settore – forse potete immaginare quali siano. Per quel che riguarda i dvd e Blu-ray le cose non vanno bene, con un -20% in tre anni.

 

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Videogiochi

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Settore che EY definisce “complesso e dinamico“, in italia vale 2,9 miliardi di euro, in salita rispetto al 2012 del 2,1%. Ci lavorano in Italia, circa 16mila persone. A livello globale il settore va alla grandissima, e anche in Italia, dove lo scenario offre ancora grandi possibilità di crescita, con qualche realtà già affermata a fare da portabandiera.

Dati diffusi nel 2015 da Aesvi, la Confindustria dei videogiochi, dipingono un quadro che fa davvero ben sperare, con cifre importanti “Dopo aver chiuso il 2014 con un giro d’affari di quasi 900 milioni di euro, il mercato dei videogiochi ha iniziato il 2015 con un trend positivo, registrando un +3,8% a fine maggio 2015“.

 

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Tutti i dati dello studio Italia Creativa di EY

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